Le pari opportunità, a guardare i numeri, sembrerebbero entrate in azienda. E la crisi, dicono gli analisti, ha rappresentato un vero e proprio grimaldello.
Secondo l’Osservatorio dell’imprenditoria femminile di Unioncamere in Italia sono quasi 9mila in più rispetto al terzo trimestre dello scorso anno, le aziende capitanate da donne.
Con un incremento dello 0,6% rispetto al terzo trimestre dell’anno scorso, le 8.814 imprese femminili aggiuntive rappresentano il 47% del saldo totale delle nuove imprese registrate alle Camere di commercio, pari a 18.794 unità tra settembre 2010 e settembre 2011. Al terzo posto in Italia tra le regioni che nell’ultimo anno registrano un maggior incremento di imprese femminili, dopo Lazio e Umbria, la Calabria, con l’1,2% di variazione rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. E’ la regione che al Sud ha registrato il maggior incremento percentuale di aziende femminili, che sono aumentate più di quelle maschili (0,3%). La Calabria è seguita da Puglia (0,4% per le aziende femminili e uno 0% secco per quelle maschili) e Campania (0,1%), mentre in Sicilia (-0,4%) e Basilicata (-1,4%) le aziende femminili chiudono.
Negli ultimi tre mesi del 2011 poi, le donne più degli uomini hanno deciso di mettersi in proprio.
La ragione può essere duplice: da una parte le donne sono le prime ad essere licenziate e di conseguenze quelle a cercare un’alternativa nell’autoimpiego, dall’altra sono numerosi, soprattutto in alcune regioni come la Puglia, i bandi per incentivare l’imprenditoria femminile e la conciliazione vita-lavoro.
Così, negli ultimi tre mesi del 2011 in tutte le regioni del Sud sono nate molte più aziende femminili rispetto a quelle maschili: la Campania chiude il terzo trimestre con 10,4% di aziende in più rispetto a quelle del secondo trimestre di quest’anno (mentre l’aumento di quelle maschili è dell’8,4%) e il trend lascia ben sperare in tutte le regioni meridionali.
Al secondo posto dopo la Campania, la Sicilia, con l’8% di aziende femminili contro il 7,5% di quelle maschili; al terzo la Puglia, con il 6,5% di aziende femminili contro il 6,2% di quelle maschili; al quarto posto la Calabria, con il 3% di aziende rosa, tante quante quelle maschili; infine la Basilicata, con l’1,2% di aziende capitanate da donne contro lo 0,9% guidate da uomini.
Ai vertici della classifica provinciale della variazione relativa del terzo trimestre 2011 rispetto al 2010, nelle prime 20 postazioni si posizionano sette regioni meridionali: al quarto posto Messina, con il 2,7%, al sesto Ragusa, con il 2%; al dodicesimo Lecce, con l’1,8% e poi Catanzaro, Reggio Calabria e Crotone, rispettivamente con un incremento dell’1,8%, 1,7 e 1,6.
Gli ultimi cinque posti nella classifica sono occupati da Palermo (-2,4%), vibo Valenza (-2,8%), Trapani (-2,8%), Avellino(-3,2%),Caltanissetta (-5,7%).
“Il sistema camerale sostiene l’universo dell’imprenditoria in ‘rosa’ attraverso la rete dei comitati per l’imprenditoria femminile, presenti in tutte le province italiane – dice Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere – Oggi più che mai a queste imprenditrici occorre guardare con grande attenzione, sostenendole nel loro percorso di rafforzamento. Il loro impegno è una grande risorsa sulla quale il Paese può scommettere per riprendere, dopo la bufera di questi mesi, la via dello sviluppo”.
Il Mezzogiorno si conferma anche il territorio con i valori più elevati di femminilizzazione del tessuto imprenditoriale. Nella classifica delle dieci regioni in Italia sono maggiormente si registra l’incidenza delle imprese femminili sul totale del tessuto economico, cinque regioni sono del Sud. Il picco maggiore è in Molise (30,1%), seguito da vicino da Basilicata (27,8%) e Abruzzo (27,7%). Poi Campania (26,9%) al quarto posto e Calabria (25,1%) e sicilia (24,8) al sesto e al settimo, infine Puglia (24,2%).
La regione del nord con l’incidenza maggiore è la Liguria (24,6%).
Tra settembre 2010 e settembre 2011 si rileva tra le aziende femminili una marcata tendenza verso l’aumento delle forme di società di capitali (4,1%), percentualmente anche più consistente di quella rilevata dalle imprese maschili (3%). Debole invece l’incremento delle imprese individuali (0,2%) che tuttavia rimane la componente più consistente dell’universo imprenditoriale femminile (il 60,4% di tutte le iniziative guidate da donne hanno, infatti, questa forma giuridica). Come dire: fare impresa per le donne, è ancora una questione personale o di famiglia.
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In allegato le tabelle sulla situazione percentuale delle aziende maschili/femminili, regione per regione, e sul tasso di femminilizzazione.[/i]