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“Ce la stanno facendo! Ci stanno togliendo di mezzo”. Altro che “belle poliziotte di prossimità”, con la divisa tirata a lucido per posare davanti ai flash dei fotografi in piazza Navona: le donne della Polizia di Stato, dopo poco più di cinquant’anni di onorata carriera (la legge che prevedeva l’ingresso delle donne in Polizia è del 1960), lanciano l’allarme.
Negli ultimi concorsi, a dicembre, su cinquecentoquindici agenti c’erano solo sette donne: l”1,35 per cento.
E così, mentre sul sito ufficiale della Polizia di Stato – proprio in occasione dei 50 anni dalle prime agenti donne – si magnificava la destrezza delle 15mila poliziotte italiane, più laureate, più brave, e persino con carriere migliori dei colleghi uomini, sulla pagina Facebook del coordinamento delle donne-poliziotto del Silp-Cgil, in questi giorni è scattato l’allarme.
Il trucco c’è: fino al 2020 si può entrare nella Polizia di Stato – lo dice una legge del 2004 – solo se si è fatto il VFP1: le sigla, ostica ai più, significa che i posti messi a concorso per i ruoli iniziali di tutte le forze di polizia ad ordinamento civile e militare (Polizia di Stato, Polizia Penitenziaria, Carabinieri, Corpo Forestale dello Stato e Guardia di Finanza) sono riservati ai Volontari in Ferma Prefissata di un anno. In altre parole, devi passare per l”esercito. Concorsi pubblici per i ruoli iniziali (agenti) non ce ne sono più.
E quante sono le donne militari in ferma breve (alle quali comunque spetta la possibilità di fare il concorso)? Nell”Esercito, in Marina e in Aeronautica entrano circa il 3% di donne… Sempre più residuali. “Fatto sta – spiegano dal coordinamento donne Silp-Cgil – che noi donne in Polizia eravamo circa il 15% e siamo evidentemente destinate a sparire”.
Ma non stanno con le mani in mano: contro l’azzeramento delle pari opportunità nell’accesso in Polizia hanno promosso una raccolta di firme, a sostegno di un disegno di legge abrogativo della norma discriminante. Titolo della petizione: “No a una Polizia senza donne e militarizzata”.
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