Handicap, la battaglia delle russe

Réportage dalla Russia: le mamme sono le attiviste nelle ong, contro discriminazioni feroci. E qualche battaglia cominciano a vincerla... Di [Luisa Betti e Astrit Dakli]

Handicap, la battaglia delle russe
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22 Agosto 2012 - 23.53


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In Russia per i disabili troppo poco è cambiato dai tempi dell’Urss. Barriere architettoniche, abbandono e «istituti speciali» sono la norma. Ma qualcosa si sta muovendo…

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Quindici anni fa, quando la ong Perspektiva venne messa in piedi da alcuni volonterosi con l”obiettivo di combattere la discriminazione ai danni delle persone disabili in Russia, la situazione – in particolare per bambini e bambine – era delle più oscure e infelici. Per la società russa “normale” i disabili semplicemente non esistevano: impossibile vederne per strada, nelle scuole o nei posti di lavoro, per loro la vita consisteva nell”attesa della morte segregati in casa o, in alternativa, in una filiera di luoghi «speciali» separati dal resto del mondo e invisibili. Per chi nasceva con disabilità più o meno accentuate (dalla sindrome di Down alle gravi malformazioni degli arti) i medici consigliavano sistematicamente ai genitori, e spesso imponevano, l”affidamento definitivo a istituti specializzati che accoglievano piccoli da 0 a 5-7 anni, poi smistati, nei casi più gravi, direttamente in case di cura fino alla fine dei loro giorni. Una volta firmato l”affidamento, i genitori non li potevano rivedere mai più. Per gli altri, se sopravvivevano ai problemi fisici sommati a un trattamento spesso inumano e indifferente, si aprivano nei casi migliori le porte di qualche «scuola speciale» (sempre con la formula dell”internato 24 ore su 24) e poi, per i fortunatissimi, c”erano reparti di alcune aziende riservati a un lavoro per il quale non servivano né occhi né orecchie.

Le condizioni in molti di quegli istituti per i piccoli più sfortunati erano drammatiche, come hanno raccontato – superando la rigidissima barriera di silenzi e divieti che circondava quei luoghi – diverse testimonianze e persino delle inchieste giornalistiche dell”epoca. I bambini erano affidati a personale impreparato e sottopagato, lasciati senza coperte, sporchi, con pochissimo cibo, privati di ogni cura e affetto – non diversamente da quanto accadeva, anche in Italia, nei manicomi criminali. Sono anche circolate voci (mai confermate, a dire il vero) su adozioni internazionali «nere», finalizzate al traffico di organi. Simili orrori, ancora alla fine degli anni ”90, non erano un”esclusiva della Russia ma qui avevano anche radici particolari, legate all”eredità del torbido incrocio staliniano tra l”ideologia dell”uomo nuovo, l”homo sovieticus, che doveva essere reso perfetto anche attraverso le pratiche eugenetiche, e le teorie utopistiche sulla «fine della famiglia» come nucleo base della società.

Oggi nella Federazione russa il sistema della segregazione è ancora la regola ma il panorama sta cambiando: da un lato, gli istituti hanno migliorato un po” le condizioni dei piccoli che vi vengono rinchiusi; dall”altro, sta incominciando lentamente ad aprirsi anche l”atteggiamento generale della società. Nel maggio scorso il parlamento russo ha ratificato (sia pur dopo quattro anni di dilazioni) la Convenzione internazionale sui diritti dei disabili e diverse leggi sono state modificate; nelle grandi città si incominciano a vedere rampe di accesso a edifici e trasporti, mentre nelle scuole l”inclusività non è più un tabù. Per la prima volta la formula della «istruzione inclusiva» è stata addirittura inserita in una recente legge approvata dalla municipalità di Mosca.

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«Se può essere considerato un buon segno per il futuro, visto il ruolo che hanno nella nuova Russia – scherza Denise Roza, direttrice di Perspektiva – oggi a Mosca tutte le banche prevedono l”accesso facilitato per i disabili». Dalla sua Chicago, Denise è venuta in Russia a studiare vent”anni fa, ha preso a cuore questa causa, spinta da alcune amiche russe, e da allora lotta tenacemente per avere risultati concreti: «Ho conosciuto ragazzi di 14 anni che non avevano mai potuto andare a scuola nella loro vita», racconta con l”aria di chi non si ferma mai neanche per una pausa. La “sua” ong è adesso la punta di diamante di un movimento che si sta gradualmente allargando in tutta la Russia: è in grado di fornire assistenza legale ai genitori che cercano di tutelare i diritti dei loro figli, è in prima linea nella formazione specialistica degli insegnanti in scuole che cercano di aprirsi all”idea dell”inclusività, e fa tirocini con introduzione nel mondo del lavoro per persone disabili. In più, Perspektiva dà anche lavoro direttamente, nei suoi uffici, ad alcune decine di donne e uomini disabili e organizza affollati eventi sportivi pubblici utilissimi a far entrare in contatto i giovani disabili con i loro coetanei “normali”.

Altre organizzazioni, come DownSideUp (ong russa “sorella” di una sua omologa inglese) si sono specializzate nel sostegno a particolari categorie di disabili, come i bambini con sindrome di Down, e ricevono finanziamenti sia statali che privati per portare avanti programmi di riabilitazione, educazione e inserimento in strutture scolastiche “normali”, nei quali vengono inclusi gratuitamente bambini i cui genitori hanno rifiutato il tuttora sistematico «consiglio dei medici» di liberarsi di loro affidandoli agli istituti.
Oggi soltanto il 15 per cento circa dei bambini Down viene «tenuto» dai genitori, contro circa l”85 per cento che finisce negli istituti. Numeri drammatici, ma già migliori di quelli di dieci-quindi anni or sono, quando i genitori che sceglievano di allevare un figlio Down erano un”assoluta rarità. Una scelta difficile e coraggiosa che i genitori compiono sapendo di dover superare ostacoli enormi – i bambini disabili per poter essere iscritti in una scuola “normale”, ammesso di trovarne una disposta ad accettarli, devono comunque avere l”autorizzazione di una speciale commissione esaminatrice istituita presso i municipi – ma sapendo anche di poter trovare sostegno e comprensione nelle persone che lavorano in queste organizzazioni.

Una solidarietà tutt”altro che scontata persino all”interno delle stesse famiglie, dato che ancora oggi moltissimi bambini disabili vivono con le sole madri, e quindi con gravissime difficoltà economiche, avendo i padri preferito andarsene e fuggire di fronte alle prime difficoltà. Il sostegno economico a queste famiglie monogenitoriali, spesso con fornitura gratuita di medicinali e alimenti per bambini, è un altro degli obiettivi delle ong , in quanto il sussidio che fornisce lo Stato è raramente superiore ai 100 euro al mese, spesso unico reddito delle madri single.

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Il primo, vero passo per non essere discriminati e per avere il diritto di essere diversamente abili in Russia è garantire, come dice Denise Roza, l”accessibilità delle strutture fisiche, ovvero la rimozione delle barriere architettoniche perché è solo togliendo di mezzo questi ostacoli che si può consentire a chi ha una difficoltà fisica (si calcola che circa l”8% dei cittadini russi soffra di qualche genere di disabilità anche se, come spiega Elena Lyubovina di DownSideUp, mancano statistiche ufficiali serie) di uscire dalla segregazione e diventare, quantomeno, visibile. Un lavoro enorme se si considera che solo la metropolitana di Mosca, che ha 13 linee, è ancora assai poco accessibile a un disabile non accompagnato e soprattutto che la stragrande maggioranza dei palazzi di abitazione non ha rampe d”accesso né può essere modificata senza una grande spesa.

L”era di Putin, anche se non per suo particolare merito, è comunque coincisa finora in Russia con alcuni importanti passi avanti per i disabili. E all”orizzonte, nell”arco temporale del suo terzo mandato presidenziale, ci sono due passaggi cruciali che si spera portino a un ulteriore e importante miglioramento: le Olimpiadi invernali del 2014 a Sochi, con i giochi paraolimpici ad esse legati, e i mondiali di calcio del 2018. Due eventi per i quali la Russia dovrà attrezzarsi a gestire l”arrivo da ogni parte del mondo e la presenza massiccia nelle sue città di decine di migliaia di visitatori con varie disabilità, senza potersi permettere di fare brutte figure.

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