Non ci sono più. Sono state ammazzate. Sono un centinaio dall’inizio dell’anno. Forse anche di più. A volte si perde il conto. A volte non escono dalla cronaca locale. Sono donne, sono le donne dei femminicidi. Magari la parola è brutta, ma rende il concetto.
Ho sentito e letto tantissimo e ancora leggerò e scriverò tantissimo per capire come mai e perché mai si arrivi a convincersi che le donne sono talmente ‘proprietà’ da essere annientate come cose.
Di queste donne, alla fine, rimangono appunto solo le loro cose. Un po’ come i deportati ebrei, dei quali sono rimaste migliaia di scarpe, a perenne memoria, nei lager nazisti.
Delle donne ammazzate dall’inizio dell’anno sono rimaste le loro scarpe a parlarne. Le vedete qui fotografate, legate assieme ad un foglio che narra la breve ed intensa storia degli esseri umani che le hanno calzate. Sono scarpe alte, basse, larghe, strette, demodè o sportive. Scarpe da spiaggia, sandali, scarpe da cerimonia, scarpe sformate dall’uso. Messe a terra senza ordine, come reperti sulla scena del crimine.
Un’installazione che fa rabbrividire.
Questa è l’idea di un’Associazione irpina, e più precisamente dell’Associazione SIANFEMIDA di Santa Lucia di Serino.
Abbiamo intervistato la promotrice, Claudia Stella, giovanissima ex Vicesindaco del suo paese. Claudia è una sociologa, una mamma ed una donna piena di entusiasmo ed idee.
L’idea delle scarpe le è venuta leggendo di un progetto alquanto simile realizzato in Sicilia, che raccoglieva la scarpe delle donne ammazzate tra il 2008 ed il 2011. Ne ha parlato con le altre socie in SIANFEMIDA e ad agosto, nell’ambito dell’incontro “Profumo di donne e di lillà” è stata presentata l’installazione, poi ospitata in altre sedi, anche istituzionali.
“Ci stanno chiedendo in molti di poter ospitare la mostra delle scarpe. A volte mi sembra che più di tante parole valga immaginare la vita delle persone che le calzavano.”
L’Associazione SIANFEMIDA prende questo strano nome dalle iniziali di donne morte di tumore nel piccolo paese irpino. “È un modo per ricordare sempre le nostre amiche che ci hanno prematuramente lasciato – dice Claudia – Il ricordo del dolore potrebbe evitarne altro. Per questo, abbiamo voluto presentare un simbolo visivo, per rinforzare la memoria e marcare la coscienza, per sottolineare che la causa dei femminicidi è soprattutto culturale.”
Claudia e la sua Associazione hanno un nuovo progetto per l’anno prossimo, tutto improntato sulla prevenzione delle violenze, di cui parleremo in futuro. “L’importante è continuare a parlare del problema delle violenze, sempre.
Violenza è anche un complimento pesante urlato dal finestrino di un’auto. Violenza è farti fare il caffè in ufficio. Violenza è chiamarti per nome sul lavoro, mentre al collega maschio ci si rivolge con il titolo. Sembra normale, ma invece non lo è affatto. Se vogliamo cambiare le cose non bisogna tacere.”
Né chiudere gli occhi davanti a queste foto di scarpe, perché stanno urlando di dolore.