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Sembra di non farcela più a urlare: Basta! Centodue… o forse già centocinque, e l”anno non è ancora finito… E” il massacro delle donne. In nessun Paese europeo come in Italia. “Osservati speciali” dall”Onu perché viene leso il diritto principale della persona, il diritto alla vita.
Altrove, lontano, la violenza bruta delle lapidazioni; altrove, lontano, la violenza della negazione dei diritti elementari, della libertà: scandalizzarci, condannare la barbarie di altri mondi, è facile.
Ma la violenza, da noi, è anche nell”appartamento accanto; e non ce ne accorgiamo: si volevano tanto bene, sembrava una coppia perfetta…
Femminicidio: si comincia – almeno – a chiamarlo col suo nome. Donne uccise perché donne: mogli, fidanzate, amanti, figlie, madri, prostitute. Una cultura – la nostra – che fino a oggi ha voluto che quelle donne fossero insieme vittime e colpevoli: loro, che erano troppo amate; loro, che erano troppo gelose; loro, che erano traditrici; loro, che non capivano…
E i giornali sono stati corresponsabili. I giornali e gli “esperti” che hanno continuato e continuano a parlare di “raptus”, di “momento di follia”, di “troppo amore”, cercando le ragioni del gesto come se ci fosse una ragione – una sola – che può spiegare perché si distrugge una vita. Non esiste l” “amore criminale”: esistono i criminali. E gli assassini delle donne, quasi sempre, hanno le chiavi di casa…
Il 25 di novembre è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Ma le donne sanno che contro la violenza non basta un giorno: quante volte sono scese in piazza per dire “Basta”… Perché le donne sanno che la violenza si combatte così: denunciandola. Parlandone tutte le volte che è possibile, con tutti e contro tutti i negazionismi che già si fanno avanti: violenza sulla violenza.
Lo stupro, la violenza domestica, le urla del padrone, le battute stupide e salaci: solo quando saranno gli uomini a combattere contro questa aggressione quotidiana alle donne – quando l”amore sarà amore e i criminali saranno solo criminali – sarà finito l”incubo di un Paese che precipita nella barbarie, e sembra non curarsene.
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