L’asilo nido lo offre l’azienda. È la filosofia di una pratica – vecchia ma rispolverata con la crisi – che si chiama welfare aziendale. Dove non arriva lo Stato, arrivano le imprese. Con baby sitting, visite mediche e palestra. Ma anche lavanderia e un servizio di “portineria” che paga le bollette e prenota le analisi del sangue.
Smontiamo cinque luoghi comuni legati al welfare aziendale. La fonte è la ricerca di McKinsey & Company per l’associazione Valore D – 81 grandi imprese italiane e multinazionali a sostegno del talento femminile – che l’ha presentata durante il suo secondo Forum nazionale.
1) Il welfare aziendale piace solo alle donne.
Il desiderio non discrimina: vorrebbero che la loro impresa fornisse certi vantaggi il 35 percento degli uomini e il 37 percento delle donne. Le differenze, semmai, le crea l’età: a 20 anni la richiesta è di salva-tempo come poter fare la spesa in ufficio.
A 30, di asili nido e disbrigo pratiche, mentre dieci anni dopo cresce la domanda di sanità e banca delle ore, anche se tengono i congedi parentali. Dai 50 in su servono l’assistenza a domicilio e case di riposo per i genitori.
2) Alle aziende si chiedono soprattutto servizi di cura per i figli.
Vengono prima quelli destinati agli anziani. Quando ci sono, le imprese risparmiano oltre 1.300 euro a dipendente. Il motivo sono le assenze diminuite del 15 percento.
3) Ai papà non piace stare a casa con la prole.
Insieme all’assistenza per gli anziani, la possibilità anche per gli uomini di usare congedi parentali è considerata la più urgente.
4) Le mamme costano ai datori di lavoro.
Basta un asilo interno (o in convenzione) e le dipendenti si assentano 1,6 mesi in meno. E 1.200 euro per ognuna restano nelle casse aziendali.
5) Chi costruisce una famiglia dedica meno tempo al lavoro.
In presenza di un buon welfare aziendale, la disponibilità a lavorare addirittura aumenta di mezz’ora al giorno.
Dalla ricerca emerge che la conciliazione tra casa e lavoro – parola rifiutata da molti, ma non per questo fatto meno consistente – sta diventando sempre più un problema della persona, non di genere. Il prossimo passo: irrompere nell’agenda politica.
Ps: Il video qui sotto ci ricorda che, alla fine, solo la donna può allattare (e avere la nausea, partorire…): siamo arrivati al nocciolo duro del problema? O anche a questo si può replicare?