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'L''arte delle prigioniere di Zomba'

Una mostra fotografica a Milano di Patrizia Lavaselli sul progetto per restituire dignità alle carcerate del Malawi. Che, prima che detenute, sono donne. Di [Stefania Ravanelli]

'L''arte delle prigioniere di Zomba'
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7 Ottobre 2013 - 19.34


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“Oltre i margini”, l’inferno nelle carceri del Malawi. Un titolo che si spiega da solo. Patrizia Lavaselli l”ha scelto per la sua mostra fotografica, selezionando gli scatti più significativi del suo drammatico reportage fra le donne che, gettate come rifiuti dietro le sbarre, in Malawi, reagiscono alla disperazione aggrappandosi all”arte. Inaugurata sabato 5 ottobre, a Milano presso la Casa delle Culture del Mondo (via Giulio Natta, 11; metrò Lampugnano), la mostra, organizzata in collaborazione con l’assessorato alla cultura della provincia di Milano, rimarrà aperta e visitabile per l”intera settimana.

Nella tavola rotonda di sabato è stato illustrato il progetto “Happy Island Malawi- Vita ed espressione artistica tra le recluse del carcere di Zomba”. Progetto che nel concreto ha già permesso di realizzare una scuola materna per accogliere i piccoli “ospiti” delle carceri (i figli minori di 5 anni che le detenute portano con sé in cella perché non hanno altra alternativa) affinché possano “evadere” dalle mura e vivere almeno una parte della giornata normale come tutti gli altri bambini.

Non solo. Progetto che, attraverso l’arte, intesa come importante strumento comunicativo, mira a rendere consapevoli le prigioniere, recluse talvolta senza reali motivi, della propria esistenza. Della propria identità che spesso in prigione si dimentica, poiché annientarsi diventa l’unico modo per sopravvivere alle condizioni pessime e indegne delle carceri.

Sebbene sia un diritto imprescindibile di tutti, un doveroso rispetto che ognuno ha o dovrebbe avere la facoltà di rivendicare sempre, anche quando sbaglia, la dignità qui non è contemplata. Esserne privati corrisponde ad un’oggettiva ingiustizia.

Non è facile rendersi conto della realtà carceraria, non solo in Malawi, ma proprio in generale. Occorrerebbe varcare le porte “blindate” per farsi un”idea concreta e riconoscere il limite che divide la realtà vissuta da quella raccontata. Patrizia Lavaselli quelle porte le ha varcate.

Dare voce alle proprie idee non è semplice. In qualunque situazione. Alle detenute di Zomba, in quanto tali, non viene neanche consentita la facoltà di lamentarsi; le critiche che avanzano vengono giudicate “inopportune” poiché, secondo lo stereotipo, provengono da persone prive di diritti. Neanche quello di ricevere un sapone al mese per curare la propria igiene. Neanche quello di ricevere un’assistenza medica. Neanche quello di essere difese in tribunale.
Concetti sottolineati più volte sabato, durante la conferenza, da padre Piergiorgio Gamba, relatore della serata, Ispettore delle prigioni in Malawi e corresponsabile della stesura del Rapporto Annuale per il Parlamento, nonché responsabile in loco del progetto e garante della realizzazione delle azioni previste. Bergamasco, ma ormai da trent”anni in Malawi, Piergiorgio Gamba nel paese africano ha anche costruito una realtà d”informazione diffusa, con giornali, riviste (di cui una proprio sulla realtà carceraria) ed ora una piccola televisione la cui redazione locale è stata “addestrata” da giovani giornalisti inviati dalla Scuola promossa, assieme al Master dell”università statale di Milano, dall”Ordine dei giornalisti della Lombardia. Ordine che un anno prima aveva consegnato a padre Gamba anche la tessera ad honorem di pubblicista.

A conclusione della serata la proiezione del video ”Oltre i Margini” che Patrizia ha realizzato col regista Luigi Taccone e che ripropone fedelmente la realtà del carcere di massima sicurezza di Zomba. Poche immagini concrete, forti che spiegano come condividere e sostenere questo progetto non significhi regalare qualcosa a chi ha sbagliato. Ma collaborare per restituire dignità alle persone. Che, prima che detenute, sono Donne.

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