Vi chiedo di immaginare il dolore di una donna che abbia perso il bambino per cause al di sopra della sua volontà.
Oppure pensate ad una donna che abbia deciso di abortire: trovatemene una, in un caso o nell’altro, che abbia vissuto l’esperienza a cuor leggero. Una per cui l’aborto, nonostante tutto, e nonostante l’abbia scelto, non sia stato uno shock.
Probabilmente queste donne avranno solo voglia di rimuovere o elaborare la perdita, facendosene una ragione.
Prendete invece questi feti, inseriteli in un albo comunale ufficiale, realizzate poi un recinto speciale nel cimitero.
Ecco fatto il recinto dei figli di puttana. Il ghetto dei figli di stronze.
A chi servirà infatti questa operazione della memoria? Questa commemorazione?
Agli antiabortisti, ai movimenti pro legge 40 e contro la legge 194, a chi vuole fare del corpo della donna un involucro senza capacità e diritto di discernimento.
Una leva di moral suation, di pressione morale ed etica contro le donne e il loro diritto di autodeterminazione, garantito dalla Costituzione.
Perché immaginatevi poi gli antiabortisti a fare funerali a questi mucchietti di cellule, con frasi ad effetto sulla vita e l’amore negato.
Ecco: il Movimento di una Regione che non esiste (la Regione Salento) vuole fare un cimitero per bambini che non sono mai nati.
Alfredo Pagliaro, presidente del consiglio comunale di Lecce, vuole realizzare “un’anagrafe per riconoscere l’identità dei bambini mai nati” (sic!) e per farlo vuole portare avanti una proposta di legge d’iniziativa popolare.
Reclamano, anche “l’obbligatorietà al trasporto dei feti morti da parte della Asl e ad esumare i corpi nelle strutture cimiteriali, peraltro già pronte per questo tipo di soluzione”.
Significa che i resti di un aborto entro il terzo mese dovranno obbligatoriamente essere tumulati, e non essere inceneriti, come è normale che sia.
E tutto questo lo scrivono in uno stridente comunicato in cui accostano il gonfalone del comune di Lecce con il logo di Lecce2019, “reinventare eutopia”.
Mi chiedo a quale città del futuro pensavano, a quale ‘utopia’, quando hanno partorito l’idea.
Dimenticano, queste persone, che l’identità dei bambini nati morti, oggi è già garantita dalla legge, che fissa le settimane, superate le quali, un bambino acquisisce diritti come essere umano, primo fra tutti quello ad un’identità, dunque alla sepoltura.
Un feto, un embrione, invece, non hanno alcun diritto perché non sono un essere umano.
Mentre le donne che hanno deciso di abortire e quelle che hanno perso un bambino e quelle che hanno fatto un aborto terapeutico hanno diritto sì, loro, a ricominciare e a veder tutelata la loro identità e la loro privacy.
E non ad essere trasformate in streghe.