Oggi, 3 maggio, è la giornata mondiale della libertà di stampa. Una libertà malmessa ovunque e sempre più a rischio in vaste aree del mondo. Ma nel triste e variegato catalogo di morti, violenze, censure, carceri, risaltano due “nuove” emergenze nell’emergenza: la crescita di molestie e intimidazioni sessuali e sessiste contro le giornaliste, l’aumento esponenziale di persecuzioni, diffamazioni e minacce via web. I dati si possono trovare nell’annuale rapporto mondiale della Federazione internazionale dei giornalisti (Ifj) così come nella ricerca effettuata per il Consiglio d’Europa su un migliaio di giornalisti di 47 Paesi. Al Festival internazionale del giornalismo di Perugia se n’è appena discusso, tra l’altro con un focus su “Come affrontare le molestie di genere online”, mentre da oggi e sino a domenica 7 maggio gli approfondimenti si trasferiscono alla Triennale di Milano entro il Festival dei Diritti Umani.
Insomma: una valanga di informazioni che ci racconta un mondo feroce e incattivito, ma anche contradditorio. Nel quale i poteri autoritari – di governi o di ras a vario titolo – non si comportano molto diversamente da quegli anonimi che si accaniscono contro chiunque emerga o si differenzi. Insulti, minacce, luoghi comuni, volgarità sono linciaggi virtuali. Un’arma contro i giornalisti, brandita non solo per intimidirli, ma anche per invidia o ira. Se poi il giornalista è una giornalista le si scaricano addosso, “ben che vada”, tutti gli stereotipi sessisti oppure, altrimenti, tutta la rabbiosa violenza contro una che “non sa stare al proprio posto”. Posto che – per l’odiatore anonimo online, ma non solo per lui – si trova sempre alcuni gradini più in basso rispetto a quello che il destino riserva agli uomini…
La Ifj racconta di intromissioni pesanti nella vita privata delle giornaliste in Perù, di analoghe violazioni in Turchia, in aggiunta alle più note intimidazioni di governo tramite leggi repressive su diffamazione e terrorismo (145 i giornalisti turchi in carcere), nonché e ovunque di impunite e crescenti minacce “sotto forma di trolling online” e di vere e proprie campagne di linciaggio eterodirette. Anche se ci sono luoghi in cuie non si nasconde dietro leggi o troll anonimi, ma aggredisce a viso scoperto, come il presidente filippino Duterte che, ad una domanda su cosa intendesse fare contro le uccisioni di giornalisti nel Paese, ha risposto serafico: “Solo perché sei un giornalista non sei esentato dal venire assassinato, se sei un figlio di puttana”. Frase breve ma dotata di campionario completo: violenza, arroganza e ingiuria sessuale.
Tuttavia non occorre andare troppo lontano per rilevare un tenace zoccolo duro di molestie sessuali nelle redazioni. Sono il 13% secondo lo studio realizzato per il Consiglio d’Europa da due esperte dell’Università di Malta, Marilyn Clark e Anna Grech in collaborazione con l’Efj, l’Index on Censorship, l’International News Safety Institute e Reporter sans frontière. Già da uno studio meno recente, del 2014 sull’abuso su Twitter, era risultato (citazione) che “Il giornalismo è la sola categoria dove le donne ricevono più abusi degli uomini, con giornaliste donne che ricevono circa tre volte gli abusi delle loro controparti maschili.” Concetto ribadito in uno studio OSCE (2015): “Giornaliste, blogger e altre attive nel panorama dei media sono oggetto di minacce, abusi e intimidazioni di genere in modo sproporzionato su Internet, il che ha un impatto diretto sulla loro sicurezza e sulle loro future attività online”. Cose che ci raccontava anche Ceyda Karan, la giornalista turca di Cumhuriyet, già condannata, quando venne l’anno scorso a Roma per la Cpo della Fnsi, e che ci salutò dicendo: “Non so se in futuro potrò ancora passare la frontiera”…