Care giornaliste, non sono gran tempi per le donne.
Vi mando un pezzo di una “esternazione femminista” all’intervento del Papa, scritto come lettera a lui indirizzata. Poi vedremo come farci sentire anche in altre sedi, prima che ci rimandino indietro… Un abbraccio
di Giancarla Codrignani
Santità, non lo doveva dire. So bene che è il capo di un’istituzione di maschi celibi e suppongo di non dovermi aspettare più di quello che mi aspetto da qualunque altro uomo. So anche che abitualmente usa espressioni ritenute rivoluzionarie senza esserlo sostanzialmente; quindi potevo immaginarmi che sull’aborto non sarebbe uscito da quello che la Chiesa deve limitarsi a dire, anche se non potevo credere che avrebbe letto, dal testo che spero predisposto da altri, un richiamo al nazismo per gli aborti selettivi: non può ignorare che in Oriente, in particolare in Cina, agli infanticidi delle bambine – praticati per secoli anche in Occidente – sono state sostituite le ecografie di condanna dei feti femminili. Sono una politica e posso capire che, in tempi in cui gli attacchi alla sua linea sul web si sono moltiplicati, abbia concesso al Forum delle famiglie un contrappeso ai benefici liberali che concederebbe ai “comunisti”.
Certo, riconosco che ha concesso il riconoscimento del sacramento primitivo alle libere unioni dei non-credenti che, “se si amano, sono immagine e somiglianza di Dio” anche loro; a conferma, i cattolici non permissivi ricordano che gli umani hanno creato la famiglia prima delle chiese. Mi ha comunque sopresa che la persona che disse la sola cosa che può dire un cristiano in qualunque situazione (“chi sono io per giudicare?”), possa sostenere – sia pure con “dolore” – che “nonostante la parola famiglia sia analogica”, va usata non per due che si amano, ma solo se due sono un uomo e una donna, senza nemmeno citare la misericordia che lei sempre menziona e che i cristiani sono tenuti a darsi reciprocamente.
Ma una cosa proprio non doveva dirla, per poco che le stia a cuore la crescita in grazia e verità della sua Chiesa, il discorso sulla fedeltà tra gli sposi: “Una cosa che nella vita matrimoniale aiuta tanto è la pazienza, saper aspettare (perché) ci sono nella vita situazioni di crisi forti, brutte, dove anche arrivano tempi di infedeltà… Tante donne (ma anche l’uomo tante volte lo fa) nel silenzio hanno aspettato, guardando da un’altra parte, aspettando che il marito tornasse alla fedeltà. Questa è la santità che perdona tutto perché ama”. Nonostante l’inciso, non doveva “santificarci” per quell’infedeltà maritale che conferma la tradizione a danno della dignità. Il femminicidio, anche da lei poco evocato, è il rischio secolare proprio della pazienza. Non è possibile che venga convalidata dall’autorità del papa la disparità in famiglia: la coppia – di cui mi dispiace che lei non abbia esperienza – vive problemi che sono propri di ogni umana convivenza perfino religiosa. Ma anche la Chiesa deve volere che la famiglia amorosa e amorevole li risolva senza indulgenze e omertà di genere: donne e uomini si debbono uguale rispetto e uguale pazienza. Tanto più se le persone – uomini e donne – dovessero, se cattoliche, credere che l’indissolubilità non debba mai diventare un ergastolo.