Milano ricorda la "sua" Rossana

Qui neanche ventenne aveva partecipato alla Resistenza nelle Brigate comuniste e poi s’era impegnata nell’università. 1 ottobre ore 17 diretta streaming su casadellacultura.it. [di Marina Cosi]

Milano ricorda la "sua" Rossana
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Marina Cosi Modifica articolo

26 Settembre 2020 - 14.42


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Fioriscono le commemorazioni di Rossana Rossanda (e comunque mai abbastanza). Le istituzioni nonché le Case delle donne di Milano e la manifestazione in piazza Santi Apostoli a Roma l’hanno ricordata come giornalista, politica, donna.
Ma Rossanda è potuta essere tutto questo e molto di più perché prima ha saputo coniugare al meglio lotta e cultura, ponendosi in ciò come esempio di rigore e coerenza, poco seguito purtroppo.

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Per ricordarla a Milano, dove si era formata, dove neanche ventenne aveva partecipato alla Resistenza nelle Brigate comuniste e poi dove s’era impegnata nell’università sotto la guida di Antonio Banfi, si terrà giovedì primo ottobre un importante incontro (“Per Rossana Rossanda, la ragazza del secolo scorso”, anche in videoconferenza, con Massimo Cacciari, Lidia Campagnano, Luciana Castellina, Lea Melandri, Aldo Tortorella, Salvatore Veca, Irene Zappalà, Ferruccio Capelli e Silvia Vegetti Finzi) , nella “sua” Casa della Cultura. Quella sorta dopo la guerra con una raccolta di fondi fra gli intellettuali milanesi che si erano impegnati nella lotta partigiana e che intendevano proseguire la battaglia sotto altre forme: un impegno reso ancor più forte dalla “sberla” elettorale del 1948.

Così nel 1951, ventisettenne, Rossana Rossanda venne chiamata a dirigere la Casa della Cultura: un impegno che la prese totalmente, tanto da rinunciare all’appena abbozzata carriera universitaria. Il suo mandato era di spezzare l’isolamento in cui il clima da guerra fredda aveva spinto la sinistra in generale ed i comunisti in particolare. Mentre il rinato sindacato si impegnava, con le lotte operaie e per i diritti, a difendere la dignità del lavoro, dall’altra parte occorreva costruire un pensiero “attivo” al passo con i tempi.
Rossana Rossanda si tuffò nell’incarico senza risparmiarsi per ben 12 anni. Con una colletta fra intellettuali (professionisti, imprenditori illuminati, docenti, spesso ex partigiani) venne comprato nel ’50 uno scantinato di fianco a piazza San Babila – in via Borgogna, dov’è ancora –  e lì allestita la nuova sede della Casa.

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L’attuale presidente, Ferruccio Capelli, a caldo, il 20 settembre in cui è mancata, ha così ricordato il ruolo, non solo milanese, ma nazionale e spesso internazionale, di quella direzione: “Sotto l’abile regia di Rossanda cominciarono a scendere le scale di via Borgogna i più prestigiosi studiosi progressisti di Europa e si incrociarono le voci di tutti gli esponenti della sinistra e del mondo laico. Apertura, curiosità, sguardo critico sommati a rigore scientifico e passione ideale diventarono rapidamente il tratto distintivo della Casa della Cultura milanese. In un’epoca di conformismo e di rigidità ideologiche in Casa della Cultura si parlava un altro linguaggio e la città reagiva sorpresa, incuriosita e affascinata. Alle voci degli studiosi comunisti si aggiunsero e sovrapposero quelle di Musatti, di Fortini, di Vittorini, di Calamandrei, di tanti altri. La Casa della Cultura divenne il luogo del dissenso nel fatidico 1956, al tempo dell’Ungheria, il centro in cui si discuteva con Sartre e si studiava seriamente, in un famoso ciclo di lezioni, il Capitale di Marx, la sede in cui si organizzavano, dopo la rivolta giovanile del 1960, lezioni sull’antifascismo talmente affollate che dovettero venire trasferite in un grande teatro”.

La stessa Rossanda ha riflettuto, in un saggio del 1965 su Rinascita, sul ruolo fondamentale di quel periodo per tutto il Paese: anni in cui il razionalismo critico del suo maestro Banfi non rimase mera riflessione accademica, ma divenne stimolo per una politica che coinvolgesse il pensiero scientifico e l’impegno culturale, così nutrendo quell’impostazione intellettuale milanese “fattiva” tanto lontana dalla scuola storicistica romana. 

Il rapporto con la Casa della Cultura rimase vivo a distanza anche quando Rossanda fu chiamata nella capitale a dirigere la Commissione Cultura del Pci. Valori ed esperienze riemersi nello strappo che la condusse alla fondazione del Manifesto, inteso sia come rivista e poi quotidiano sia come formazione politica. Anche le prime riflessioni femministe di Rossanda avevano le loro radici nel vissuto resistenziale delle donne oltre che nel rapporto con la cultura d’oltralpe: e sbocciarono là sotto, nello scantinato della Casa della Cultura.

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Per Rossana Rossanda, giovedì 1 ottobre 2020 ore 17.00

Diretta streaming sul sito www.casadellacultura.it oppure sul canale YouTube della Casa della Cultura e sulla pagina Facebook sempre della Casa della Cultura.

 

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