La diciassettesima edizione dei Giochi Paralimpici di Parigi è pronta a partire. Dal 28 agosto all’8 settembre 2024 una stima di quasi tre milioni di spettatori potrà assistere a undici giorni di gare in diciotto sedi diverse, presenti 4.400 atleti che si affronteranno in 22 sport diversi. Un calendario fitto con 549 eventi grazie al cimento di 185 Comitati Paralimpici Nazionali che danno la misura di come non si tratti più di un evento minore, ma di un corposo movimento sostenuto da forti sponsorizzazioni e da politiche sempre più mirate.
Lotta per la parità di genere nello sport paralimpico
Di sport e diritti abbiamo parlato ampiamente nelle scorse settimane, con un focus sulle donne che ha tenuto viva l’attenzione per tutta la durata dei Giochi Olimpici. Abbiamo sottolineato che storicamente le donne hanno dovuto farsi largo per partecipare attivamente e con pari diritti, per ottenere la parità di genere in tutti gli ambiti della vita e lo sport non ha fatto eccezione, anzi abbiamo definito lo sport come anticamera della conquista dei diritti. Le Paralimpiadi, la cui prima edizione ufficiale fu quella a Roma nel 1960, inizialmente riflettevano le stesse disuguaglianze di genere che caratterizzavano la società in generale. La partecipazione femminile era limitata, e le opportunità per le donne con disabilità di competere e dimostrare le proprie abilità sportive erano scarse. Tuttavia, con il passare del tempo, e grazie al crescente movimento per i diritti delle donne e delle persone con disabilità, la situazione è gradualmente cambiata.
Un momento significativo in questa evoluzione è stato il crescente numero di donne atlete alle Paralimpiadi. Le edizioni recenti hanno visto un incremento di partecipanti femminili, con Londra 2012 che ha segnato un record di partecipazione femminile, in cui le donne rappresentavano circa il 40% degli atleti. Questo aumento non è solo un dato statistico, ma rappresenta una vittoria per il movimento dei diritti delle donne, dimostrando che le barriere possono essere abbattute. Questa volta le donne saranno 1859 su 4400 atlete, il 42%. E nella delegazione italiana, la più numerosa di sempre, le atlete battono i colleghi: 70 uomini e 71 donne.
Le Paralimpiadi come piattaforma per i diritti delle donne
Ora staremo a vedere che cosa succederà, ogni edizione si porta dietro piccoli passi avanti e tante polemiche, soprattutto sul fronte della narrazione: le Paralimpiadi offrono una piattaforma unica per affrontare e discutere i diritti delle donne. Le atlete paralimpiche per necessità sfidano gli stereotipi di genere e dimostrano che le donne, indipendentemente dalle loro abilità fisiche, possono eccellere ai massimi livelli dello sport. Questo ha un impatto significativo anche al di fuori dell’ambito sportivo, poiché contribuisce a cambiare le percezioni della società riguardo alle capacità delle donne disabili. La loro visibilità sui media contribuisce a sensibilizzare l’opinione pubblica sulle questioni di genere e disabilità e la loro presenza nei grandi eventi sportivi internazionali serve a ricordare che l’inclusività è un diritto, non un privilegio. Tuttavia, nonostante i progressi, la strada verso una piena parità di diritti è ancora lunga. Le atlete paralimpiche devono spesso affrontare una doppia discriminazione: in quanto donne e in quanto persone con disabilità, trovandosi a lottare per un riconoscimento equo rispetto ai loro colleghi maschi. Niente di nuovo quindi.
Il ruolo delle Paralimpiadi nel promuovere il cambiamento
Le Paralimpiadi non sono solo un riflesso della società, ma anche un catalizzatore per il cambiamento. L’inclusione delle donne nello sport paralimpico ha incoraggiato numerose iniziative per promuovere l’uguaglianza di genere. Organizzazioni internazionali come il Comitato Paralimpico Internazionale (IPC) hanno adottato politiche per garantire una maggiore rappresentanza femminile sia tra gli atleti che tra i dirigenti sportivi. Inoltre, le Paralimpiadi hanno contribuito a rafforzare il ruolo delle donne come leader e modelli di riferimento. Atlete come Sarah Storey, ciclista britannica che ha vinto 17 medaglie d’oro paralimpiche, e Beatrice Bebe Vio, schermitrice italiana e icona di resilienza e determinazione, sono diventate simboli non solo dello sport, ma anche della lotta per i diritti delle donne.
Sfide future e opportunità
Nonostante i successi raggiunti, ci sono ancora molte sfide da affrontare. La visibilità delle atlete paralimpiche è spesso inferiore a quella dei loro colleghi maschi, e le opportunità di sponsorizzazione e sostegno finanziario sono ancora limitate. Inoltre, le politiche di inclusione e uguaglianza di genere devono essere rafforzate e attuate in modo più efficace per garantire che tutte le donne abbiano le stesse opportunità di partecipare e competere.
In futuro, è essenziale che le Paralimpiadi continuino a essere una occasione potente di uguaglianza e inclusività: il potenziale delle atlete paralimpiche di influenzare il cambiamento sociale è fondamentale, il loro contributo va oltre i confini dello sport; con la presenza e il cimento continueranno a ispirare nuove generazioni di donne e ragazze, mostrando che la disabilità non è un ostacolo, ma una parte integrante della diversità umana.
Iniziative e politiche per un’inclusione intersezionale
Molto c’è ancora da fare per abbracciare pienamente un approccio intersezionale. Le politiche sportive devono riconoscere le molteplici identità e le esperienze delle atlete, lavorando per eliminare le barriere non solo fisiche, ma anche culturali e sociali. Ad esempio, iniziative volte a migliorare la rappresentanza delle donne nelle posizioni di leadership all’interno del movimento paralimpico devono tener conto delle barriere specifiche affrontate dalle donne provenienti da minoranze etniche o da contesti svantaggiati. Ciò potrebbe includere programmi mirati di mentoring e sviluppo delle capacità, che tengano conto delle diverse esperienze delle atlete.
Inoltre, è essenziale che le competizioni paralimpiche siano accessibili a tutte le atlete, indipendentemente dal loro background economico o geografico. Ciò potrebbe richiedere l’implementazione di politiche che supportino le atlete provenienti da paesi con meno risorse, garantendo loro l’accesso a strutture, allenatori e opportunità di competizione su un piano di parità con le loro colleghe provenienti da nazioni più ricche. Abbiamo assistito alla potente sensibilizzazione, durante i Giochi Olimpici appena conclusi, di due atlete afgane: Kimia Yousufi e Manizha Talash hanno rotto il silenzio mostrando di fronte al mondo un semplice foglio e poi un mantello sul dress code da breaker, che riportavano scritte che erano un urlo. L’urlo di tutte le donne afgane che chiedono diritti, educazione e libertà, tutto ciò che il regime oscurantista talebano, di nuovo e con più forza, sta togliendo alle donne vietando loro anche il diritto di usare la voce per comunicare in pubblico. Zitte! La speranza è che il mondo non si adegui e non rimanga in silenzio, al contrario dia voce all’allarme delle atlete afgane.
Il ruolo della rappresentazione e della narrazione
La rappresentazione mediatica delle atlete paralimpiche è un’altra area in cui l’approccio intersezionale è cruciale. I media giocano un ruolo fondamentale nel plasmare le percezioni pubbliche e nel conferire valore alle diverse identità. Tuttavia, le atlete paralimpiche sono spesso rappresentate in modo riduttivo, banalizzate e infantilizzate, con narrazioni concentrate esclusivamente sulla loro disabilità o presentate come “eroine” che superano le avversità, senza un’analisi critica delle strutture sociali che creano quelle stesse avversità e senza quella parte di racconto essenziale: la performance sportiva che stanno per affrontare o il risultato che hanno già ottenuto.
Un approccio intersezionale alla rappresentazione richiede che i media riconoscano le atlete paralimpiche come persone complesse, con identità multiple e storie ricche. Significa anche dare spazio alle voci delle atlete provenienti da contesti diversi, permettendo loro di raccontare le proprie storie in modo autentico e di sfidare le narrazioni dominanti.
I diritti delle persone transgender
Saranno delle Paralimpiadi che lasceranno il segno sia come vittorie ma, soprattutto, in tema di diritti e prime volte. L’Italia in questo sarà la spinta motrice e dovrebbe andarne fiera. Valentina Petrillo sarà la prima atleta paralimpica transgender della storia. Una rivalsa per lei, che mancò la qualificazione a Tokyo2021. Petrillo ha cinquant’anni e si è meritata l’accesso a Parigi dove gareggerà sia nei 200 che nei 400 metri. A dispetto di chi sostiene il contrario. È il caso dell’atleta spagnola Melani Berges, la quale ha accusato l’azzurra di averle “rubato” il posto alle Paralimpiadi perché uomo. Supportata dall’avvocata Irene Aguiar, specializzata in diritto sportivo internazionale, la polemica ha infuocato i social di alcuni politici di maggioranza, come, il sottosegretario alla Giustizia di Fratelli D’Italia, Andrea Delmastro, e dell’eurodeputato, sempre FdI, Nicola Procaccini, che hanno cavalcato l’onda polemica dei casi di Imane Khelif, Lin Yu-ting, Nikki Hiltz, adesso tocca a Petrillo. Eppure l’atleta ipovedente si è legittimamente guadagnata la qualificazione battendo per 8 centesimi Berges. Inoltre, il CIO ha confermato come abbia tutte le carte in regola, proprio da regolamento ufficiale.