Ai Senatori e alle Senatrici,
componenti la 9° commissione permanente
XIX Legislatura
Lettera aperta
Oggetto: davvero vogliamo una pubblicità sessista, violenta, che contiene stereotipi di genere offensivi e lesivi della dignità delle donne?
Sembra incredibile che più di cinquant’anni di lotte e di conquiste possano essere messi in discussione, anzi cancellati con tanta leggerezza: ha dell’inverosimile l’emendamento presentato da Fratelli d’Italia (Lucio Malan e Salvo Pogliese), in esame in commissione al Senato, che propone la «Modifica al codice della strada» e prescrive l’abrogazione di tre commi di una norma in vigore dal 2021 sul divieto «sulle strade e sui veicoli» di «qualsiasi forma di pubblicità il cui contenuto proponga messaggi sessisti o violenti o stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali». Quindi, niente più divieti ma propone di consentire, di nuovo, la pubblicità sessista, omofoba o lesiva della dignità delle persone. In una parola la pubblicità discriminatoria. Chiede di rimuovere il divieto alle pubblicità sulle strade pure per i messaggi non rispettosi «dei diritti civili e politici, del credo religioso o dell’appartenenza etnica oppure discriminatori con riferimento all’orientamento sessuale, all’identità di genere o alle abilità fisiche e psichiche».
Un emendamento che contrasta con leggi già in vigore, come la convenzione di Istanbul, con le conquiste civili, l’educazione al rispetto della persone, la lotta agli stereotipi. Siete consapevoli che in Italia la violenza di genere è in aumento?
A cosa servono le dichiarazioni che, dopo ogni femminicidio, i politici fanno per condannare questo fenomeno, proporre un’educazione al rispetto e all’affettività, scevra da stereotipi sessisti? Anche la pubblicità, come sappiamo bene, fa cultura e influenza tutti e tutte e specialmente i giovani e le giovani
A cosa servono campagne sociali che incoraggiano la parità di genere, come succede negli altri Paesi europei perché valutata come fattore di crescita nazionale, per rivendicare i diritti delle donne, far conoscere le leggi faticosamente conquistate negli anni e difenderle perché valgano davvero?
Tutto il lavoro di gruppi e associazioni in difesa dei diritti delle donne che mira a scardinare luoghi comuni e stereotipi sul ruolo delle donne, nel mondo del lavoro come in politica e nelle relazioni intime, che limitano la loro libertà e alimentano la violenza di genere che ha profonde radici culturali, viene vanificato con un emendamento che ci fa arretrare culturalmente, frutto di una mentalità a dir poco inquietante.
Questo emendamento è inaccettabile, visto che gli stessi pubblicitari hanno sentito il dovere di autocensurarsi, istituendo la Fondazione Pubblicità Progresso dal 1971 al servizio della crescita civile e sociale del nostro Paese per “contribuire alla soluzione di problemi morali, civili ed educativi della comunita’, ponendo la comunicazione di massa al servizio della collettivita’ e perseguendo l’intento di dimostrare l’utilita’ di un intervento pubblicitario professionale per stimolare la coscienza civile ad agire per il bene comune.”
Gli stessi pubblicitari hanno creato anche lo IAP l’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria che, tramite il Codice di Autodisciplina, fissa i parametri per una comunicazione commerciale “onesta, veritiera e corretta”. Lo IAP ha il potere di abrogare la comunicazione che trasmette un’immagine stereotipata che nega le potenzialità, le conquiste e i diritti, che svaluta le donne o che promuove la soggezione e la violenza. Sono due gli articoli dedicati: Art. 9 Violenza, volgarità, indecenza La comunicazione commerciale non deve contenere affermazioni o rappresentazioni di violenza fisica o morale o tali che, secondo il gusto e la sensibilità dei consumatori, debbano ritenersi indecenti, volgari o ripugnanti. Art. 10 Convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona La comunicazione commerciale non deve offendere le convinzioni morali, civili e religiose. Essa deve rispettare la dignità della persona in tutte le sue forme ed espressioni e deve evitare ogni forma di discriminazione, compresa quella di genere.
Alcune pubblicità travalicano il loro ruolo e divengono pensiero accettabile e diffuso, si depositano nel terreno emotivo di chi le assorbe anche distrattamente e possono diventare pensiero comune.
Vogliamo davvero che la pubblicità trasmetta stereotipi femminili sessisti che rispecchiano la diffusa mentalità paternalista e patriarcale, un luogo comune radicato, un pensiero diseducativo che ha plasmato le menti e i comportamenti di milioni di uomini?
Chiediamo quindi a tutti i e le componenti di questa Commissione di fermare questa proposta e di bocciare l’emendamento.
Elena Rosa, presidente de LOFFICINA, associazione che si occupa di analisi e denuncia degli stereotipi di genere della pubblicità ed è artefice di campagne sociali a favore delle pari opportunità e Laura Onofri, presidente di SeNonOraQuando? Torino.
Sottoscrivono:
CGIL DONNE NAZIONALE
COORDINAMENTO PARI OPPORTUNITA’ E POLITICHE DI GENERE UIL NAZIONALE
SENONORAQUANDO? COORDINAMENTO NAZIONALE COMITATI
NOI RETE DONNE
CASA INTERNAZIONALE DELLE DONNE ROMA
AIDOS – ASSOCIAZIONE ITALIANA DONNE PER LO SVILUPPO
DIFFERENZA DONNA
UDI UNIONE DONNE IN ITALIA
GIULIA – GIORNALISTE UNITE LIBERE AUTONOME
PRO CHOICE RETE ITALIANA CONTRACCEZIONE ABORTO
GAMMA DONNA
ASSIST – ASSOCIAZIONE NAZIONALE ATLETE
EDUCARE ALLE DIFFERENZE ETS
ARCIGAY
SENONORAQUANDO?TORINO
COMITATO PARI OPPORTUNITA’ PROVINCIA BOLZANO
VITADIDONNA ROMA
CIVILTA’ LAICA APS
DONNEXDIRITTI ASSOCIATION
BREAK THE SILENCE ITALIA APS
TELEFONO ROSA PIEMONTE DI TORINO
CASA DELLE DONNE TORINO
RETEDONNE SNOQ CREMONA
ASSOCIAZIONE SCOSSE
SENONORAQUANDO UDINE
LA CITTÀ DELLE DONNE ODV
DONNE PER LA DIFESA DELLA SOCIETA’ CIVILE
CENTRO DONNA LUCCA
UDI LUCCA
SNOQ LIVORNO
SNOQ VENEZIA
SNOQ MARZI’
SNOQ ALTO ADIGE SUD TIROL
ASSOCIAZIONE CITTADINI DI RIVOLI