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L”articolo di Gian Antonio Stella, sul Corriere della Sera del 3 dicembre scorso, aveva fatto sobbalzare più d”uno e più d”una: la Crusca che smentisce se stessa?
Il titolo non voleva dubbi: “Sì a «inciucio», no a «ministra». I verdetti della Crusca“.
E l”articolo? Ecco cosa scriveva Stella, in occasione della presentazione fiorentina del libro “La Crusca risponde”:
A proposito, «il» presidente» o «la» presidente della Crusca, trattandosi di una donna? «Il ministro, la ministra, o la ministro della Pubblica istruzione, con l’apposizione di un antroponimo femminile»? Risponde Giovanni Nencioni: «La proposta di mantenere il titolo al maschile anche quando la carica sia affidata a una donna continua l’uso antico di usare il genere maschile come comprensivo del femminile quando ci si riferiva a proprietà comuni a tutto il genere umano». Del resto «guardia, sentinella, guida» sono stati sempre «riferiti, finora quasi esclusivamente, a nomi propri maschili senza scandalo dei grammatici». «Da respingere con decisione», però, «è l’ircocervo “la ministro”» esaltata da alcuni «come una combinazione salva tutto».Eppure, han ragionato in molti, fin qui l”Accademia della Crusca ha espresso ben altro orientamento… Anche GiULiA lo scorso marzo aveva ripreso il “tema del mese” della Crusca (http://giulia.globalist.ch/Detail_News_Display?ID=54970&typeb=0&Accademia-della-Crusca-infermiera-si-sindaca-no-), in cui non si lasciava spazio a disorientamenti linguistici.
Ora, l”educata smentita della Crusca al Corriere:
Accademia della CruscaComunicato Stampa
[b]La Crusca risponde:
il ministro o la ministra?[/b]
Firenze, 5 dicembre 2013
La Presidente dell’Accademia della Crusca, Nicoletta Maraschio, lieta dell’accoglienza positiva riservata dal pubblico e dalla stampa al recente volume La Crusca risponde (a cura di M. Biffi e R. Setti, Le Lettere – Accademia della Crusca, 2013), per evitare alcuni possibili equivoci nelle sintesi che si vanno diffondendo in rete, tiene a ribadire l’opportunità di usare il genere grammaticale femminile per indicare ruoli istituzionali (la ministra, la presidente, l’assessora, la senatrice, la deputata ecc.) e professioni alle quali l’accesso è normale per le donne solo da qualche decennio (chirurga, avvocata o avvocatessa, architetta, magistrata ecc.) così come del resto è avvenuto per mestieri e professioni tradizionali (infermiera, maestra, operaia, attrice ecc.).
La posizione dell’Accademia è documentata da iniziative diverse: il Progetto genere e linguaggio svolto in collaborazione col Comune di Firenze; la Guida agli atti amministrativi, pubblicata dalla Crusca e dall’Istituto di Teoria e Tecnica dell’Informazione Giuridica del Consiglio Nazionale delle Ricerche ITTIG-CNR (http://www.ittig.cnr.it/Ricerca/Testi/GuidaAttiAmministrativi.pdf); il Tema del mese a cura di Cecilia Robustelli, pubblicato nel marzo 2013 sul sito dell’Accademia(http://www.accademiadellacrusca.it/it/tema-del-mese/infermiera-s-ingegnera) e varie interviste rilasciate da accademici.
Insomma, non è il ruolo che fa il genere, e dunque: la ministra. Si chiami Fornero o Cancellieri. O anche viceministra Guerra.
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