Le parole e le azioni degli odiatori: le testimonianze in un incontro al Viminale

Nella riunione dell’Organismo permanente del ministero dell’Interno sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti, anche la voce di GiULiA. [di Graziella Di Mambro]

Le parole e le azioni degli odiatori: le testimonianze in un incontro al Viminale
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23 Aprile 2021 - 18.51


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Un appello corale a tenere alta l’attenzione sulle minacce ai cronisti, raccolto dal Prefetto Vittorio Rizzi che ha coordinato i lavori.
Di seguito alcune delle testimonianze dell’incontro.

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Asmae Dachan ha raccontato la sua esperienza di giornalista siriana in Italia. “Ho iniziato a scrivere per il giornale di una parrocchia e poi ho realizzato il mio sogno ma non avrei mai immaginato che ad un certo punto sarei stata sommersa di insulti e tacciata di essere una terrorista. Ho presentato diverse denunce e credo che sia fondamentale fare rete ma vorrei anche aggiungere che in questo momento in Italia esistono delle persone e dei movimenti che fanno della battaglia ideologica e della discriminazione religiosa la base per le minacce che avvengono via social e purtroppo spesso diventano anche minacce fisiche. Io presto attività di volontariato per la Croce Rossa Marche e ora so che addirittura vengono fatte delle telefonate al centro di volontariato nelle quali si dice: ‘Ma lo sia con chi collabori?’, cercando dunque di screditare la mia persona in ogni modo”.

Lungo intervento di Paolo Berizzi di Repubblica, l’unico giornalista in Europa sotto scorta per le minacce ricevute da gruppi neonazisti. “Tutte le mie pagine social sono oggetto di insulti e minacce ogni giorno, un flusso continuo, stento a crederci persino io. Penso che la provenienza delle minacce debba avere una valutazione sua propria perché il fatto che accada in Italia e con questa frequenza ha un senso e ritengo che debba essere oggetto di riflessione nell’ambito di quella che è l’avanzata, il risveglio, di rigurgiti neofascisti e neonazisti. Io ho subito di tutto: striscioni nei pressi degli stadi e manifestazioni alle presentazioni dei miei libri. E’ fondamentale l’esistenza di una rete come questa nella quale ci si possa scambiare informazioni e si possa contribuire tutti a trovare soluzioni”.

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Angela Caponnetto: “Da quando ho iniziato a scrivere di immigrazioni mi sono trovata al centro di un ciclone. In precedenza mi ero occupata di tutto, di tantissimi fatti di cronaca, alcuni molto scottanti eppure non era mai accaduto ciò che sto vedendo ora, negli ultimi due anni. E ciò credo significhi che esiste un’attenzione particolare verso questo tipo di problematica e la relativa narrazione di cronaca. Oltre agli insulti sono arrivati persino inviti al direttore della Rai e al direttore di rete perché fossi licenziata. Ho denunciato in tutte le sedi le persone individuabili e ritengo che esse operino all’interno di un sistema che ha interesse a criminalizzare i migranti, le Ong e i giornalisti che raccontano ciò che accade con il flusso migratorio e le condizioni in cui esso avviene”.

Nello Scavo: “Quando ti accade di essere minacciato, è difficile capire e talvolta anche accettare la protezione, per gli effetti che questa ha sulla tua vita privata; non sai bene come spiegarlo ai familiari perché anche noi giornalisti abbiamo una nostra vita privata in cui questo tipo di minacce si inseriscono in modo esso stesso violento. Ringrazio sempre le persone delle forze di polizia che ci assistono e ci proteggono, tuttavia ritengo che il fenomeno abbia bisogno di essere analizzato fino in fondo per comprenderne la matrice che non può essere solo frutto di ignoranza bensì essa va inquadrata in un contesto politico poiché va sottolineato come la provenienza affondi le radici in determinati ambienti dove regna lo squadrismo”

Waler Verini: “Nel Comitato istituito presso la Commissione parlamentare antimafia abbiamo cercato di seguire il lavoro d’inchiesta dei cronisti minacciati, di stare al loro fianco, cosa che debbo dire fa da sempre la Federazione nazionale della Stampa. Difendere quei giornalisti non significa difendere solo loro, ed è comunque molto importante, bensì difendere la libertà di informazione. Credo che alla vigilia del 25 Aprile ciò assuma un significato particolare, abbia un senso specifico e tracci una strada”.

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Antonella Napoli: “Il racconto delle periferie del mondo, oscurate, quelle di cui io mi occupo, come la Turchia e l’Africa, è un argomento che dà fastidio ad un determinato mondo che si fa sentire sui social con minacce pesantissime che colpiscono soprattutto le giornaliste donne, ma non solo. Si nota un crescente atteggiamento misogino e una preciso orientamento ideologico, un misto di razzismo e squadrismo, come è stato, peraltro, recentemente raccontato anche nel prezioso libro voluto da Giulia Giornaliste, #staizitta giornalista!, che raccoglie tra le altre anche la mia testimonianza”.

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