Il Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, Il Giornale, Il Messaggero, Avvenire, Domani, Il Fatto quotidiano, Il Sole 24 ore, Il Manifesto, Libero, La Verità, QN, La Gazzetta dello Sport, Tuttosport
Settimana dal 3 luglio al’8 luglio
Firme in prima pagina: 755 uomini, 257 donne
Editoriali e commenti in prima pagina: 162 uomini e 31 donne
Interviste: 169 uomini e 45 donne
Sulle firme c’è ben poco da dire: spicca soprattutto la povertà di commenti femminili, solo 31 contro 162 maschili. Completamente assenti le donne dalle prime pagine dei giornali sportivi.
Per meglio far vedere il divario, pubblichiamo per la prima volta i grafici che abbiamo realizzato, dal gennaio 2022 a giugno 2023, partendo dai numeri che una settimana al mese andiamo a contare. Niente di scientifico solo un conteggio empirico, evidente però il risultato, oltre ogni parola.
A proposito di numeri dopo 14 anni si è dimessa dalla direzione del Manifesto Norma Rangeri. Ora di direttrici di quotidiani a tiratura nazionale ne è rimasta una sola, Agnese Pini, su…lasciamo perdere.
E ora iniziamo da un ricordo: nell’agosto di due anni fa i talebani si riprendevano l’Afghanistan. Malgrado le promesse iniziali, le donne sono state via via private di ogni diritto a una vita normale. L’ultimo, ridicolo, è il divieto di recarsi dal parrucchiere o nei saloni di bellezza. Sui giornali la notizia ha impegnato qualche breve in cronaca esteri a inizio settimana, e poi più nulla. La Stampa di venerdì 7, nella rubrica di Mattia Feltri, è unico giornale a ricordarsi di queste donne, elencando uno dopo l’altro i divieti cui sono sottoposte queste schiave moderne e dimenticate da tutti, come ogni causa persa.
Giustizie
Del resto la settimana è stata molto ricca di avvenimenti e ha riaperto grandi questioni irrisolte come il rapporto fra politica e magistratura: per chi non si sia fatto distrarre troppo dal gossip su arrivi e partenze a Mediaset- Rai e viceversa, dal turpiloquio di Sgarbi o dall’eredità Berlusconi, il filo conduttore della settimana è stata la giustizia nelle sue varie sfaccettature: dal caso Santanchè a quello del figlio del presidente del Senato Ignazio La Russa, Leonardo, accusato di aver violentato una ragazza. In mezzo troviamo le vicende di Lucia Annibali e di Melania Rea e, ancora, il suicidio di una donna che per la paura dell’ex, (detenuto ai domiciliari ancora la minacciava e terrorizzava), si è tolta la vita.
Sul caso Santanchè abbiamo letto tutti i resoconti dai quotidiani, a partire dallo scoop di Domani sulla ministra indagata che ha fatto gridare alla giustizia ad orologeria e al clima d’odio. Ciò che salta all’occhio, però, si trova sui giornali che fanno riferimento alla maggioranza di governo. Ecco cosa scrive sulla Verità del 7 luglio Mario Giordano: «… diventiamo feroci davanti alla consueta ipocrisia dei maestrini dalla penna rossa. Detto questo, però, confesso per onestà che mi sto interrogando su quanto sia stata davvero efficace la difesa in aula di Daniela Santanchè. E penso che Giorgia Meloni debba seriamente pensare al futuro del governo e del centrodestra, non a quello di una singola persona, chiunque essa sia. In passato abbiamo chiesto e ottenuto dimissioni di ministri per il mancato pagamento di una Imu (do you remember Josefa Idem?). Sarebbe autolesionista, ora, inchiodare l’azione dell’intero esecutivo in un estenuante tiramolla sul caso Visibilia. Se nei prossimi giorni le nubi saranno spazzate via e si potrà tornare a navigare spediti come il Paese necessita, bene. Altrimenti…» Sulla Stampa di sabato Lucia Annunziata, dopo aver rilevato quel sibillino “altrimenti” riprende la posizione di Giordano e si domanda pure se Giorgia Meloni, la donna che pronunciò la frase «Io non sono ricattabile» può accettare che qualcuno del suo esecutivo lo sia. Ancora peggio Marco Gervasoni sul Giornale nello spazio dell’editoriale di venerdì 7 luglio dopo aver espresso la sua preoccupazione per il ritorno del fattore “M”, (come magistratura) che può indebolire o far cadere i governi conclude così: «…tutto ciò per dire che, al fine di riformare la giustizia occorre adottare un habitus garantista e liberale, ma è pure necessario che la classe politica selezioni in maniera più rigorosa i propri membri e che quella al governo adotti una maggiore gravitas, degna delle istituzioni che rappresenta. Altrimenti non usciremo mai dall’eterno alternarsi tra primato democratico della politica e populismo giustizialista».
Sulla Stampa di giovedì 6 luglio, invece, Flavia Perina si interroga su quella che sarà la futura collocazione dell’asticella dell’etica dove il caso Santanchè farà da precedente e tutti ne sono ben consapevoli. «…Ognuno dei protagonisti della scena sa che questo governo non potrà adagiarsi su un illimitato perdonismo. La dura reprimenda di Gennaro Sangiuliano per l’incontinenza verbale del suo sottosegretario Vittorio Sgarbi, peraltro assai più prevedibile e forse innocua della vicenda Santanchè, ha destato qualche sobbalzo e suscitato interrogativi sul livello di tolleranza del nuovo centrodestra a guida Meloni rispetto al vecchio».
Neanche il tempo di prender fiato che venerdì 7 con un titolo di spalla in prima pagina il Corriere lancia il suo scoop a firma dei colleghi Giuseppe Guastella, Luigi Ferrarella e Francesca Morandi. Una ragazza di 22 anni ha denunciato per violenza sessuale Leonardo Apache La Russa, 19 anni, figlio di Ignazio, presidente del Senato. Il padre, appresa la notizia, si è trasformato prima in pm, poi in avvocato difensore e infine in giudice e ha concluso per l’assoluzione del figliolo. Tanto più, ha detto, che la ragazza aveva assunto cocaina e poi che attendibilità può avere chi denuncia dopo 40 giorni e quindi… Sembra in fotocopia la vicenda di Ciro Grillo, solo che il comico genovese non aveva all’epoca alcun ruolo istituzionale mentre difendeva il figlio dall’accusa di violenza di gruppo, difesa che venne comunque fortemente criticata. Più tardi e forse secondo alcuni giornali dietro sollecitazioni più alte, La Russa ha detto, secondo l’uso solito, di essere stato frainteso. Da segnalare l’8 luglio su Libero un articolato pezzo di Filippo Facci che ricostruisce il fatto puntando sul consumo di droghe e psicofarmaci da pare della ragazza, con frasi del tipo «fatta di cocaina prima di essere fatta anche da Leonardo Apache la Russa». La conseguenza è una presa di posizione indignata di Cpo Fnsi, Odg, Usigrai e di GiULiA e non solo e la possibilità che il suo debutto in una striscia quotidiana in Rai salti. Chi vivrà vedrà. Intanto apprendiamo sempre dal Corriere, che la ragazza si è presentata il 19 maggio scorso, all’indomani del fatto, al Centro antiviolenza della Mangiagalli di Milano, accompagnata dalla madre, dove sono state riscontrate lesioni compatibili con una violenza. La denuncia alla procura di Milano viene depositata 42 giorni dopo: la legge prevede un anno di tempo per farlo, proprio per consentire alle donne di ritrovare forza e lucidità per affrontare lunghi e faticosi percorsi giudiziari. E a proposito di questo, tornando al caso Ciro Grillo, pare sia a rischio il processo che si sta celebrando a Tempio Pausania per il trasferimento di uno dei giudici al tribunale di Bari. I fatti denunciati risalgono all’estate del 2019… si rischia di ricominciare tutto da capo.
L’uomo che parlava troppo Dodici anni fa Salvatore Parolisi uccise la moglie Melania Rea: condannato con sentenza definitiva a 20 anni di reclusione è uscito nei giorni scorsi grazie a un permesso premio di un giorno. Ad attenderlo una troupe di Chi lo ha visto che lo ha intervistato: dunque lui non ha ucciso la moglie, ma sì, l’ha tradita tante volte, perché lei lo trascurava ed era troppo mammona e la suocera assai invadente. Però lui l’amava e le dava anche 500 euro al mese per consentirle di non lavorare. L’intervista ha indignato parecchio e non solo la famiglia della vittima. Sintetizziamo da Selvaggia Lucarelli sul Fatto quotidiano che lo definisce narcisista senza appello, convinto di disporre delle donne a suo piacimento. Lucarelli a questo punto dubita della funzione rieducativa della pena.
L’uomo dell’acido Dopo dieci anni è libero ed è stato espulso dall’Italia all’Albania Rubin Talaban , 41 anni, che nell’aprile del 2013, sfregiò con l’acido il volto dell’avvocata di Pesaro Lucia Annibali. Il primo a dare la notizia è il Messaggero. Talaban eseguì l’aggressione con un connazionale su mandato dell’ex compagno di Annibali, l’avvocato Luca Varani.
Che brave le donne
Al Premio Strega non ci sono mai state tante candidate come quest’anno anche nella cinquina finale erano quattro, ma la vittoria postuma è andata ad Ada D’Adamo col suo “Come d’aria” (edito da Elliot) che ha battuto la favorita Rosella Postorino. D’Adamo è scomparsa il primo aprile di quest’anno, pochi giorni dopo la proclamazione dei 12 finalisti. Tutti i giornali, o quasi, riportano la gaffe del ministro della cultura Gennaro Sangiuliano che, pur essendo nella giuria, ha candidamente ammesso di non aver letto i cinque libri finalisti. Almeno lui è sincero… Gaffe a parte, i giornali commentano l’avanzata dei memoir, una volta snobbati dagli editori, che ora invece vendono copie e piacciono alle lettrici. L’opera prima di D’Adamo ne è un esempio perfetto, storia cruda di amore materno verso una bambina gravemente disabile con tutti i suoi alti e bassi, le battaglie contro la burocrazia e la solitudine. Storia vera.
Ancora, si parla di donne sulla Stampa, con due pagine di intervista di Raffaella Silipo allo scrittore greco Petros Markaris, padre letterario del commissario Kostas Karitos. Nell’ultimo romanzo “La rivolta delle Cariatidi” (edito dalla nave di Teseo) Karitos affida la guida della Squadra omicidi alla giovane Antigone Ferleki. Un romanzo sulla Grecia di oggi e sul potere femminile, con tutte le sue contraddizioni. Ma alla fine il bilancio è positivo: «La differenza fra il potere maschile e quello femminile – dice Markaris nell’intervista – è che le donne combattono con una mente chiara e con argomenti logici, gli uomini combattono con la forza».
E a proposito sempre di donne, addio a Walkiria Terradura, 99 anni, una delle ultime partigiane. Comandava una squadra di sette uomini con compiti di sabotaggio, la squadra Settebello della Quinta brigata Garibaldi di Pesaro. Sul Manifesto.
Sport
Come sempre non ricaviamo grande soddisfazione dalla lettura dei due sportivi principali e pure dal web. Però dobbiamo constatare con piacere che i giornali si sono generalmente accorti della bravura di Larissa Iapichino. I record della campionessa di salto in lungo fino a poche settimane fa finivano diluiti nelle pagine sui successi dei suoi colleghi maschi. Ora la ragazza fa titolo da sola e qualcuno la intervista pure. Sui siti web sportivi molto interesse anche verso le giovani tenniste che stanno emergendo a Wimbledon.
Intanto continua il processo in ambito sportivo contro Emanuela Maccarani ex direttrice dell’Accademia delle ginnaste di Desio e la sua assistente Olga Tishina, accusata da alcune ragazze di maltrattamenti. Nell’aula della giustizia federale le testimonianze delle ragazze, in particolare Nina Corradini, hanno confermato le accuse che hanno al centro la questione del peso delle atlete insultate di fronte a tutte le altre se aumentavano, anche di solo 100 grammi, così che il momento pubblico della bilancia diventava un incubo per le ragazze. Altre atlete, comunque, hanno difeso il team. Una decisione verrà presa il 29 settembre.
All’onore delle cronache sportive anche Federica Cappelletti vedova di quel monumento calcistico che è stato Paolo Rossi. Cappelletti, intervistata il 4 luglio dal Qn, è da poco presidente della Serie A Femminile di calcio che sta per affrontare i Mondiali in Australia al via il 20 luglio. Parla di stereotipi nello sport e pure di consolidamento del professionismo femminile per ora affidato unicamente alla buona volontà delle calciatrici. In bocca al lupo!
Grazie come sempre alla squadra della Rassegna quindi a Caterina Caparello, Gegia Celotti, Laura Fasano, Paola Rizzi Luisella Seveso e Maria Luisa Villa. Arrivederci a settembre