Il Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, Il Giornale, Il Messaggero, Avvenire, Domani, Il Fatto quotidiano, Il Sole 24 ore, Il Manifesto, Libero, La Verità, QN, La Gazzetta dello Sport, Tuttosport, Corriere dello Sport
Dal 3 all’8 giugno 2024
Firme in prima pagina: 918 uomini, 192 donne
Editoriali e commenti in prima pagina: 165 uomini e 23 donne
Interviste: 233 uomini e 68 donne
Questa settimana abbiamo contato meno firme perché mancano quelle del Messaggero, ritirate dalla redazione dopo il licenziamento, a meno di un mese dalla nomina, di Alessandro Barbano, sostituito in corsa da Guido Boffo. Una decisione presa dall’editore Caltagirone dopo l’editoriale del 3 giugno in cui il direttore prendeva le distanze dall’attacco leghista al presidente Mattarella. Si è chiusa così una campagna elettorale tesa e costellata di colpi bassi, definita dai più una delle peggiori.
Donne di potere
Nell’ultima settimana i giornali hanno tirato le somme su quelle che sono ormai le due leader protagoniste della scena politica, la presidente del consiglio Giorgia Meloni e la segretaria del Pd Elly Schlein. Non hanno potuto fare il duello all’americana causa par condicio, ma si sono confrontate a distanza. Ecco come le vede Domani del 6 giugno: nel pezzo di Daniela Preziosi la leader PD è raccontata in toni molto positivi: partita da una minacciata resa dei conti con il partito dopo le elezioni, è riuscita a rafforzare la sua posizione indiscutibile di leader. E già a inizio settimana lo stesso quotidiano tracciava un ritratto positivo di Schlein, elogiata per la sua “forza tranquilla” che le ha evitato di cadere nella trappola delle provocazioni di Meloni. È giovane, ha piglio e un linguaggio diverso, ma ha scelto di non inseguire l’avversaria. Anche i vecchi saggi del Pd pare si siano convinti che Schlein funziona, perché dà l’impressione che qualcosa si muova nel partito.
Per quanto riguarda Meloni, alla quale si attribuisce una notevole intelligenza politica, Giulia Merlo la descrive come la stella polare del partito, perché gli altri nomi in lizza sono molto deboli. Il suo exploit di super votata è dato per certo, ma sarà sufficiente? La sua tentazione plebiscitaria si peserà davanti all’elettorato. Venerdì sul Fatto quotidiano un durissimo editoriale di Marco Travaglio contro il megaspot di Mentana alla Meloni, senza domande e repliche alle numerose cose non vere dette e riassunte in un fact checking di Pagella politica. Tra le righe Travaglio segnala che anche Schlein si è sottratta a confronti veri con i giornalisti. Dopo la copertina dell’ Economist con le tre donne protagoniste in Europa commenta per Domani Giorgia Serughetti su Meloni, Le Pen e Von der Leyen: «L’UE, i diritti e il paradosso delle tre donne al comando» . In questa era di “donne forti”, che secondo l’Economist sono destinate a dare forma all’ Europa, paradossalmente proprio i diritti delle donne sono minacciati. Perché leadership femminile non significa leadership femminista, e anche se Meloni e Le Pen si appropriano selettivamente di linguaggi e temi femministi, restano ancorate a idee reazionarie contro l’aborto e per la famiglia “naturale”, con l’effetto di dividere le donne. Comunque la partita è tra donne, di destra. Il politologo Piero Ignazi avverte che l’arroganza comunicativa strabordante di Meloni non la farà vincere. E nota che sarà interessante leggere i dati dell’Osservatorio di Pavia a fine campagna elettorale per verificare quanto spazio è stato dato alla premier dai media in queste settimane. Sottolinea poi un conflitto di stile con Schlein che evita le scenografie da baraccone e la mobilitazione di truppe cammellate. Questo ricorda il confronto tra Prodi e Berlusconi. Però Berlusconi voleva essere amato, lei preferisce essere temuta. Del resto sono in adorazione della premier i giornali di centrodestra, anche se a Libero qualche volta escono dalla linea e la chiamano la leader, la presidente, ormai una deriva femminista per il quotidiano diretto da Mario Sechi. Ma la sintesi della campagna elettorale la fa La Stampa, con due pagine uscite sabato che danno la cifra delle differenze di stile. Meloni all’Arena di Verona, Schlein nella piazza padovana teatro dell’ultimo comizio di Enrico Berlinguer una immagine, quest’ultima, fortemente evocativa.
Donne in vetta
Ma oltre alla politica questa settimana registra i trionfi sportivi femminili. Donne d’oro, gli ori delle donne, comunque la si voglia titolare, è stata una settimana di gloria con il successo e l’arrivo alla finale di Jasmine Paolini, 28 anni, nel tennis e le medaglie d’oro di Antonella Palmisano nella marcia (seguita da Valentina Trapletti, argento) e di Nadia Battocletti nei 5000 metri femminili. Un medagliere ricco per le nostre atlete. Emblematica la storia di Jasmine Paolini. Martedì 4 giugno solo la Gazzetta dello sport le aveva dedicato una pagina intera puntando sul suo talento e sulla sua pazienza. Giovedì Corriere e Repubblica pubblicano una fotonotizia dell’atleta che solo venerdì conquista qualche prima pagina e una serie di commenti, a volte stupiti, anche sui quotidiani sportivi. Si distingue un commento su Tuttosport dove il merito della crescita di Paolini viene quasi completamente attribuito al suo coach Renzo Furlani.
Ma per le ragazze lo sport può essere anche buio e prevaricazione: su Domani la storia di Caster Semenya, velocista sudafricana , bambina più grande, più forte e più veloce delle altre diventata campionessa olimpica: a 18 anni aveva già vinto 3 titoli mondiali sugli 800, a 25 già due medaglie d’oro a Londra e Tokyo. Avrebbe potuto fare chissà che, se la Federazione internazionale non l’avesse presa di mira con controlli ormonali e pericolosi trattamenti per abbassare il livello di testosterone che lei aveva naturalmente. Di Caster e della sua fisicità sono state diffuse tutte le informazioni possibili, di lei si è detto di tutto fino a che non si è ritirata. Ma il Sudafrica è al suo fianco, ed ha fatto ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha condannato la Svizzera, dove ha sede la Federazione (e quindi è ritenuta responsabile) tra l’altro per i reati di discriminazione e di violazione della privacy. Una sentenza storica, perché chiede agli organismi sportivi, (che seguono solo le regole della giustizia sportiva) di rispettare anche i diritti umani.
Dal web tante notizie sempre sul tennis e sull’atletica. Come ogni mese, a cura di Caterina Caparello pubblichiamo le notizie sulle donne dello sport che non ci sono da nessuna parte
Vittoria per le azzurre Stefania Trimboli, Chiara Consolini, Maria Miccoli e Laura Spreafico della prima tappa del torneo internazionale di 3×3 di basket, trionfo d’oro nel tiro con l’arco di Chiara Rebagliati alla Veronica’s cup torneo internazionale. Bronzo alla squadra composta da Rebagliati, Lucilla Boari e Tatiana Andreoli; argento in coppa del mondo di nuoto artistico nel misto di Flaminia Vernice e Filippo Pelati. Bronzo sempre nel misto tecnico per Sarah Maria Rizea e Pelati; premier league di karate bronzo di Viola Lallo nel kumite.
Donne (e bambine) violate
Al liceo classico Ennio Quirino Visconti di Roma un gruppo di 6-7 ragazzi ha affisso sulla porta di una classe una lista con i loro nomi, a fianco quelli delle ragazze con le quali avevano avuto relazioni private. Le giovani sono esposte come trofei. La punizione non si è fatta attendere: 6 in condotta e l’obbligo di volontariato al Telefono rosa per una settimana. Dice al Qn la preside Rita Pappalardo: «Altro che goliardata è un episodio che rispecchia i meccanismi di una mentalità maschilista ancora radicata nella società». Ma a scuola se molti hanno preso le distanze, altri e altre parlano di una ragazzata, da non drammatizzare. Notizia variamente commentata su tutti i giornali.
Tornerà nella sua diocesi nelle Marche don Giacomo Ruggeri il sacerdote condannato a 2 anni e 6 mesi per le attenzioni sessuali rivolte ad una ragazzina di 12 anni. Lo sconforto del padre: mia figlia che con fatica ha ritrovato la sua serenità, ora rischia di ritrovarselo davanti.
I genitori di una ragazzina di 12 anni hanno denunciato nel modenese due ragazzi che l’avrebbero violentata e poi filmata, diffondendo il video in alcune chat. I due avrebbero 15 e 16 anni, uno di loro è indicato come il “fidanzatino” della vittima, espressione che speravamo fosse sparita dai giornali. Purtroppo sul Corriere fiorentino leggiamo un altro titolo non appropriato: “Massa Carrara, pagava le sue piccole vittime per divertirsi insieme e fare sesso”. GiULiA giornaliste ha preso posizione contro questo modo di raccontare la violenza: le bambine non fanno sesso, gli abusi di un maestro su alunne della scuola primaria devono essere chiamati col loro nome: stupri di un pedofilo.
A Roma Simone Borgese, 39 anni, da poco uscito dal carcere per aver stuprato una tassista, è stato nuovamente arrestato per la violenza su una ragazza di 22 anni alla quale aveva chiesto un’informazione per strada, convincendola a salire in auto con lui. La studentessa ha raccontato al Corriere della sera la sua odissea e come sia caduta nella trappola dell’uomo. Si è rivolta subito alla polizia (che ringrazia per non averla lasciata sola) ed esorta le donne a denunciare. Si indaga su Borgese, che è sospettato di altre violenze. Intanto l’uomo è ai domiciliari senza braccialetto elettronico per decisione del gip.
Su Qn qualche considerazione sull’arresto in Pakistan della mamma di Saman Abbas, la diciottenne uccisa a Novellara per aver rifiutato un matrimonio combinato (la donna è stata condannata all’ergastolo insieme al marito). Lo scrittore e regista pachistano Wajat Abbad Kazmi, in prima linea sul fronte dell’accoglienza ai rifugiati e attivista Lgbtqi+, commenta con soddisfazione: le donne in quel paese tengono le radici della famiglia e cercano di convincere le figlie a sottostare ai voleri del padre. Il delitto d’onore è la normalità, non si percepisce come scandalo che ogni anno vengano uccise 800-1000 donne, perché in molti pensano sia corretto sopprimere chi ha disonorato la famiglia. Ora, con l’arresto della mamma di Saman e la pubblicazione della sua foto, anche le donne e madri sapranno che potranno essere chiamate a rispondere dei loro comportamenti.
Donne dell’altro mondo
Halla Tomasdottir, imprenditrice, è la nuova presidente dell’Islanda, ma la sua elezione non ha giustamente fatto scalpore nel Paese col più alto indice di sicurezza in Europa (33 detenuti ogni 100 mila abitanti e questi ultimi sono 380 mila) perché qui le donne hanno spesso governato e bene.
Molto diverse le elezioni in Messico, accompagnate dall’uccisione di ben 37 candidati. Speriamo che la neoeletta “presidenta” messicana Claudia Sheinbaum, ingegnera, esperta di clima, non debba leggere il poco beneaugurante titolo di Libero: “Quando la sinistra vince alle urne fallisce al governo”. Molto meglio gli altri quotidiani che spesso hanno portato in prima la notizia e dedicato ampi servizi alla sua elezione. Grande foto e richiamo in prima anche su Domani. Nel pezzo si presenta la leader di Morena, movimento di sinistra che è la risposta ai populisti di destra in America Latina, come successora (!!) del presidente uscente Amlo. Sheinbaum è la dimostrazione, sostiene lo storico Raffaele Nocera, autore dell’articolo, che la stagione progressista in Messico non è effimera e che potrebbe ispirare tutta l’area. Molto significativo anche il fatto che la presidenta si sia affermata in un paese profondamente machista e ai primi posti a livello mondiale per violenza sulle donne e femminicidi. Saprà Sheinbaum dare delle risposte alle numerose donne messicane che attendono giustizia? Su questo punto con interviste e analisi molti hanno dei dubbi su quello che sarà l’impatto della sua elezione in un Paese dove comandano i cartelli del narcotraffico e quanto ai limiti caratteriali si dice sia una donna arrogante, ma non carismatica. Si vedrà.
Ilaria Salis, l’insegnante brianzola detenuta in Ungheria ai domiciliari dopo 13 mesi di dura detenzione e candidata alle Europee per Alleanza Verdi sinistra scrive alla presidente Meloni per essere trasferita, per motivi di sicurezza, nell’ambasciata italiana, visto che il suo indirizzo è stato reso pubblico, è circolato sui social neo nazisti e lei teme per sua incolumità e per quella di chi la sta aiutando. Venerdì mattina Il Giornale, subito ripreso dagli altri media ha pubblicato un servizio secondo il quale Ilaria Salis avrebbe in passato occupato una casa popolare a Milano e per questo sarebbe in debito per 90 mila euro con Aler, l’azienda delle case popolari lombarda. Ma i difensori negano che la loro assistita sia mai stata citata, in civile o in penale, né da Aler, né da altri. Una vicenda abbastanza nebulosa, ma che colpisce alla vigilia del voto.
Donne al lavoro
Su Qn intervista a Claudia Segre presidente del Global training foundation secondo la quale è necessario porre al centro delle misure sull’equilibrio di genere la giustizia economica per migliorare il tasso di occupazione femminile, il vero indicatore del progresso di una nazione. Ogni Paese dovrebbe promuovere iniziative permanenti di educazione e rafforzamento delle componenti digitali e tecniche (Stem), campo nel quale il nostro Paese è ancora drammaticamente indietro. Infatti secondo i dati diffusi da Klecha e Co, la banca d’affari che supporta la gender equality nel settore tecnologico, aumentano le donne nel tech ma l’eguaglianza di genere è ancora molto lontana. Basti pensare che in Italia solo una start up su 8 è fondata da donna.
Avvenire, invece, ci racconta la storia originale e creativa della impresa sociale Quid presentata a Milano alla Borsa in questi giorni. Quid è stata lanciata nel 2013 da una giovane imprenditrice veronese, Anna Fiscale. Iniziativa di successo, prevede il recupero di stoffe eccedenti dei grandi marchi di moda con cui si producono capi di abbigliamento e accessori. Quid dà lavoro a persone vittime di tratta e in condizioni di fragilità: 160 dipendenti di 22 nazionalità , 80 per cento donne. Venti di loro sono detenute nel carcere di Verona. Fiscale ha studiato economia a Verona e a Milano con un focus sull’empowerment femminile. Ha lavorato in progetti di microcredito ad Haiti e in India. «Abbiamo anche assunto lavoratrici del comparto confezioni del territorio che avevano perso il lavoro dopo la chiusura di alcune aziende e le stiamo accompagnando alla pensione. Da parte loro portano un know- how importante e tanta esperienza, facendo formazione per le nuove arrivate».
Leggiamo, invece, su Il Sole 24 ore della condanna per discriminazione indiretta dell’impresa di Elisabetta Franchi, la stilista che affermò di preferire la nomina di dirigenti donne oltre i 40 anni, con una vita già incardinata fra figli ed eventuali divorzi, in modo da avere testa e mani libere sul lavoro. Il Tribunale di Busto Arsizio, sezione Lavoro, ha accolto la denuncia dell’Associazione nazionale contro le discriminazioni e riconosciute come tali le dichiarazioni rese a un convegno. È stato accolto, in questo modo, il ragionamento dei legali della ricorrente, che hanno qualificato le dichiarazioni come una forma discriminazione “indiretta”, che avrebbe avuto l’effetto di «dissuadere le lavoratrici dall’accedere o presentare candidature per le posizioni di vertice» della società (così si legge nel ricorso introduttivo).
Il Tribunale ha applicato una combinazione di condanne: un rimedio di tipo economico, calcolato in via equitativa (5mila euro in favore della ricorrente), cui si aggiunge una sanzione di tipo reputazionale (pubblicare la sentenza su un quotidiano nazionale) e, infine, un obbligo molto particolare: adottare e realizzare un piano di formazione in azienda. Piano che dovrà essere erogato a tutto il personale, compresa la stilista, e dovrà avere uno scopo specifico: promuovere l’abbandono dei pregiudizi legati a età, genere e carichi familiari nella selezione del personale dirigenziale. Ma Elisabetta Franchi in due interviste (giovedì al Giornale e venerdì a Repubblica) si difende con decisione: sono sempre stata una donna per le donne, una che ha sempre lavorato con loro, che disegna per loro e che si è fatta da sola partendo dal basso. Franchi, 56 anni, 180 milioni di fatturato e 300 dipendenti di cui il 78 per cento è donna, rivendica le cose fatte, i corsi di formazione, il moderno welfare aziendale tra i più avanzati. E, su domanda dell’intervistatrice di Repubblica, conferma quel post su Instagram, col quale ha annunciato di aver messo alla porta il compagno traditore.
Sempre in tema di lavoro, dopo le batoste del pandoro-gate e la separazione dal marito, Chiara Ferragni ha affidato alla madre Marina Di Guardo, la cura delle sue aziende. La mamma è sempre la mamma. E, a proposito di influencer, Il Messagero intervista Francesca Torre che dal suo profilo insegna alle donne come essere indipendenti economicamente.
Chiese
Ci vorrebbe un esegeta per comprendere il pensiero di papa Francesco sui preti gay, scrive La Verità in un commento ricordando la gaffe sui seminari con troppa “frociaggine”, seguito dall’intervento riparatore, la lettera a un aspirante seminarista gay nella quale lo esorta a insistere se ha la vocazione. Ma il problema c’è e alcuni giornali hanno dedicato approfondimenti. Inizia Domani con una lunga intervista a Marinella Perroni, teologa e biblista, fondatrice del Coordinamento teologhe italiane. A proposito delle parole del papa sui seminari («parole che hanno fatto un danno enorme alla chiesa») Perroni sostiene che i seminari, istituzioni che risalgono al Concilio di Trento, non sono in grado di formare le persone a una sessualità matura e responsabile. La teologa tocca tra l’altro il tema del celibato obbligatorio dei sacerdoti, su cui si arrocca una chiesa antimodernista e timorosa di una possibile protestantizzazione. Ma un dialogo è inevitabile, anche perché restando su queste posizioni arretrate la chiesa contribuisce al proprio declino. Stesso discorso per le donne. Partito bene con la ipotesi del diaconato femminile, il papa ha frenato: gli vanno bene le donne a capo di comunità ma non appartenenti alla gerarchia ecclesiastica. È l’eterna questione del potere, che si vuole ancora accentrato.
Sempre su Domani Federica Tourn commenta un saggio di don Paolo Baroli Mostri o nostri? La prevenzione degli abusi e il trattamento dei rei: una sfida per la Chiesa nel quale l’autore dà per scontato che i pedofili individuati all’ interno della Chiesa vengano puniti come prevede la giustizia. Tourn, esperta del tema, sottolinea come invece molto spesso gli abusatori sono tuttora protetti dalle gerarchie ecclesiastiche. A questo si aggiunge il fatto che a tutt’oggi non ci sia una indagine indipendente che faccia chiarezza sul fenomeno. Inquietante anche la proposta di “rieducare” i colpevoli per poi riammetterli alle loro mansioni, sotto il controllo della chiesa, per non allontanarli col rischio che possano recidivare il reato altrove. Il senso di un libro così, definito di puro marketing dalla Tourn, fa il paio con i tanti convegni sul tema in cui la chiesa tende a annacquare le proprie responsabilità. Unica notizia degna di rilievo quella data dalla neoeletta presidente del Servizio minori della Cei Chiara Griffini, di uno ” studio pilota” sui casi di abuso clericale nel periodo 2001/2021 che sarà condotto dall’ Istituto degli Innocenti di Firenze e dall’ Università di Bologna. Un’analisi comunque parziale, che si baserà sulle denunce dei vescovi e su un numero determinato di diocesi.
Sul Fatto quotidiano troviamo un altro versante, con l’intervista a Lucetta Scarafia che denuncia il sessismo e la misoginia della chiesa, l’insabbiamento continuo delle violenze e abusi sulle suore, più grave e diffuso secondo lei della pedofilia. «La verità è che la cultura ecclesiastica è essenzialmente paternalistica e le parole delle religiose che denunciano non contano niente». Inoltre Scarafia sottolinea l’importanza dell’organizzazione delle donne, l’Uisg che raggruppa tutte le superiore generali del mondo ed è impegnata nella difesa della condizione femminile nel mondo: è riconosciuta dall’Onu ma snobbata dal Vaticano e dal Papa.
Questo è un lavoro di squadra. Grazie quindi a Caterina Caparello, Gegia Celotti, Laura Fasano, Paola Rizzi, Luisella Seveso e Maria Luisa Villa