Dal 4 al 9 novembre 2024
Firme in prima pagina: 789 uomini, 252 donne
Editoriali e commenti in prima pagina: 150 uomini e 28 donne
Interviste: 145 uomini e 44 donne
Kamala Harris sconfitta
La settimana è stata nettamente divisa in due: tra un prima e un dopo le elezioni americane. Da mercoledì la gran mole di pagine che i giornali avevano dedicato alla campagna elettorale “più brutta di sempre” – una definizione che ormai viene usata per le campagne di mezzo mondo – ora è concentrata sulle ragioni della débacle dei democratici e del trionfo dei repubblicani, sugli scenari futuri, sui nuovi protagonisti e sulle nuove protagoniste. C’è da sottolineare che le giornaliste che si sono occupate delle elezioni americane sono state numerosissime, a volte la maggioranza nelle redazioni e da inviate, mentre – come si evince dai numeri – le analisi e i commenti sono in maggioranza di colleghi.
Kamala Harris, prima dipinta come l’ancora di salvezza dei dem, pur nell’incertezza dell’esito delle urne, mercoledì si è subito trasformata nella candidata sbagliata. Il ritiro tardivo di Biden, il caro vita, le questioni di identità, tutto ha contribuito alla sconfitta democratica, ma il giudizio sulla donna di colore che ha pensato di vincere è inappellabile. Su Repubblica giovedì 7 Natalia Aspesi si chiede chi sono «le donne che non votano una donna», e perché proprio nel Paese del #MeToo che ha ispirato tutto il mondo, le donne abbiano voluto ancora “l’orrendo” Trump: «Perché sono stufe di lottare, perché tanto gli stipendi restano bassi. Perché manca uno spiraglio di luce per ottenere quello che pensano sia giusto. Hanno scelto forse di mettersi al riparo, di non ascoltare chi parla delle meraviglie della sorellanza, di continuare a crescere da sole». Il Giornale, La Verità e Libero attaccano Aspesi, Maria Laura Rodotà , Annalisa Cuzzocrea accusate di avere presto scaricato Kamala. Il Giornale dedica una pagina a «Quelli che rosicano» con foto , tra cui Lilli Gruber e Concita De Gregorio (che sull’inutile endorsement dei famosi, fra cui tante divine, da Taylor Swift a Julia Roberts, scrive: «Difficile immaginare che le masse impoverite e colme di rabbia si lascino suggestionare da una star»). Un sostenitore deluso, lo scrittore Nathan Englander, interpreta un pensiero diffuso: «Uno degli errori è stato tentare di trasformare una vicepresidente opaca e poco popolare in una star». Domani sottolinea «l’incapacità di Harris di segnare un cambio di pagina , di rispondere agli interlocutori in maniera chiara, per esempio su Gaza». Disfatta anche per i sondaggisti. Il Corriere del 4 novembre cita «Ann Selzer, guru del sondaggi che dal 2004 non ha sbagliato una previsione». Lei dà in vantaggio Harris in Iowa. Le donne avrebbero deciso di votare Kamala per le leggi restrittive sull’ interruzione di gravidanza. È andata diversamente. Ma già il 5 novembre su Avvenire, Angela Napoletano scriveva che la questione dell’aborto non avrebbe pesato nella sfida. E anzi le minacce di Trump contro la libertà di scelta («proteggerò le donne anche se non vogliono») sono state mitigate dalla moglie Melania nella sua autobiografia («perché qualcuno dovrebbe avere il potere di determinare cosa una donna può fare con il proprio corpo?») nel timore di perdere voti femminili. Sta di fatto che martedì 5, 10 Stati hanno votato anche un referendum sull’aborto: 3 stati hanno deciso per leggi restrittive, 7 hanno chiesto di far tornare l’aborto un diritto costituzionale, come era fino al 2020. Si vedrà. Ma ancora una volta uno scrittore si rivela profetico. Jonathan Franzen su Repubblica, il 5: «Se Harris perderà sarà perché migliaia di americani non sono riusciti a votare per una donna. Mi dispiace dirlo, ma se Harris fosse stato un uomo con le stesse qualifiche, Trump non avrebbe avuto alcuna possibilità . Sono più gli uomini che si sentono minacciati da una presidente donna, che le donne disgustate da Trump».
Sui giornali, a partire dal Messaggero, si diffonde la previsione che dopo due donne sconfitte dal tycoon, Clinton e Harris, in futuro nessuno si azzarderà più a candidare una donna , né a destra né a sinistra.
Ma ora è un altro giorno. Il discorso pacato della sconfitta (“Non smettiamo di lottare”) ha lo spazio della cronaca. Tra tanti esperti, due interviste al femminile: l’economista Lucrezia Reichlin, come altri, disegna scenari cupi riguardo l’era Trump2, su Repubblica e la scrittrice Joyce Carol Oates, intervistata da Cuzzocrea sulla Stampa si chiede fra l’altro «come si possa pensare che un miliardario più volte fallito possa far scendere i prezzi». La resa dei conti in casa dem: per Kamala si profila un futuro da giudice della Corte Suprema, scrive Repubblica, mentre il QN dice che al massino «può aspirare a un posto da avvocata ben pagata». Quasi tutti i giornali riferiscono che nella guerra fra radicali e moderati, la sinistra radicale di Sanders spinge per puntare sulla giovane Ocasio-Cortez, deputata dem e attivista di origine portoricana.
Le first nuore e la regina di ghiaccio
Tra gli uomini del presidente, primo fra tutti Elon Musk, spuntano le donne. Il Corriere fa una mappa: scomparsa l’algida Ivanka, defilata l’altrettanto sofisticata Melania, emergono le figure delle due First nuore d’assalto, che al trucco leggero e perfetto preferiscono il cerone e le parole appuntite. Kimberly, ex presentatrice della Fox, compagna di Don jr ,e soprattutto Lara, moglie di Eric. La prima più concentrata sulle apparizioni tv, la seconda vera diva nei comizi e alla Convention. In attesa della nipote più grande, la diciassettenne Kay, che già si è esibita in un ritratto dolce e elogiativo del nonno. Ma la donna di ferro di Trump si chiama Susie Wiles. Responsabile della campagna elettorale e ironia della sorte, scrive Domani, sarà la prima donna capo di gabinetto alla Casa Bianca. Veterana della strategia politica, quasi 67 anni, da 40 in politica, lobbista di lungo corso in Florida, lontana dai fotografi, protetta dagli occhiali a specchio, di poche parole e -sorpresa – più vicina agli ambienti moderati che agli eccessi del presidente. Che di lei dice: «E’ tosta, intelligente, innovativa, ammirata e rispettata». Di sicuro sarà la donna più potente di Washington.
Donne che ce l’hanno fatta
L’europeista Maia Sandu è stata rieletta presidente della Moldova. Sandu ha battuto il candidato filorusso grazie a oltre 300 mila voti dei residenti all’estero.
In Italia Giovanna Vitelli è “L’imprenditore dell’anno”. Presidente di Azimut-Benetti è la vincitrice nazionale della XXVII edizione del Premio Ey- Imprenditore dell’anno. Nel titolo del Sole24ore è l’imprenditrice.
Durante la settimana, sono state numerose le interviste a donne di talento nella cultura e nello spettacolo. Una tendenza che si spera possa contagiare la presenza di esperte in altri settori dell’informazione, dalla politica all’economia.
La più giovane è Caterina Barbieri, neo direttrice della Biennale Musica, nominata dal presidente della Biennale Pietrangelo Buttafuoco. Un curriculum di alto livello, artista dei suoni, vive a Berlino. Succede a un’altra donna, Lucia Ronchetti, che ha innovato la rassegna. Barbieri, classe 1990, nata a Bologna, una nonna partigiana, si stupisce di essere chiamata giovanissima. Forse in Italia, dice a Luca Valtorta su Repubblica. Tutti sono sorpresi della sua nomina, anche lei. Alla domanda se condivide la linea politica del governo che il presidente Buttafuoco rappresenta risponde: «Io e lui siamo allineati nella passione e nell’entusiasmo, quindi sono felice di collaborare. Cercherò solo di essere me stessa. L’arte ha sempre un valore politico e una innata valenza radicale». Altre interviste di grande respiro sui giornali: la regista Serena Nono, l’attrice Eve Hewson, su Repubblica, la violinista Janine Jansen sul Corriere, la regista napoletana Claudia Brignone sul Manifesto sul suo documentario sulla maternità Tempo di attesa. La regista Fiorella Infascelli sulla Stampa.
Fotonotizie
Praticamente tutti i giornali hanno pubblicato due fotonotizie. Lunedì quella della regina Letizia in lacrime a Paiporta, Valencia, in mezzo alla folla inferocita che contestava il re e il primo ministro, subito dopo il disastro e oltre 200 vittime. Nella foto una volontaria l’abbraccia e la consola: “Non è per lei signora”, riconoscendo in Letizia la persona prima che la regina.
Martedì, Emma Bonino e papa Francesco entrambi in carrozzina sulla terrazza di lei, durante la visita del pontefice a sorpresa alla politica convalescente. «Il capo della chiesa cattolica e la leader di un partito antiabortista: nulla guasta un atto di pura semplicità», commenta Serra. Bonino ha dichiarato: «Mi ha riempito di gioia quando ha detto: sei un esempio di libertà e resistenza».
Allarme giovanissime
Un importante capitolo della rassegna stampa di novembre è dedicato alle ragazze, anzi alle bambine di dodici, tredici, quindici anni che in questa settimana sono state vittime e protagoniste di fatti di cronaca gravissimi.
E proprio alle minorenni si riferisce il dato più sconvolgente del bilancio tracciato dal presidente del Tribunale di Milano Roia e riportato da molti quotidiani in materia di violenza di genere nel 2024. Tra gli altri dati, oltre all’aumento dei casi che a Milano che da gennaio a settembre sono stati 1132, colpisce il balzo in avanti delle violenze nei confronti delle minorenni, aumentate del 46%. A perpetrare il 60% degli abusi giovani uomini tra i 18 e i 41 anni, segno di una cultura patriarcale che si è tramandata anche alle nuove generazioni.
Ma ha 15 anni, uno più della fascia di non punibilità, il “fidanzatino “ della tredicenne Aurora, che l’ha uccisa buttandola dal terrazzo di casa perché lei lo voleva lasciare . La settimana è iniziata con l’addio alla bambina, un funerale durante il quale il vescovo di Piacenza, come riferisce Avvenire,ha sollecitato gli adulti a non cercare colpevoli e a prendersi le proprie responsabilità nei confronti dei figli, nostri e altrui.
E a proposito di “fidanzatini”, definizione che i media utilizzano senza riflettere riportando l’idea di legami fortissimi e assolutii, su Repubblica Manuela Ulivi, avvocata e presidente della Casa delle donne maltrattate invita a non considerare le prime storie d’amore come legami fortissimi. Parlare di fidanzatino lascia spazio alla volontà di dominio, di controllo. Una relazione così giovane deve essere felice e libera, e da quella si può anche uscire.
Ma come fidanzatino è stato presentato dal Corriere anche il ragazzo che, (fino ad oggi non coinvolto nelle indagini,) era alla base dei litigi tra Lari, quindicenne nata a Varese ma da un anno trasferita con la famiglia a Piazza Armerina, che si è suicidata, pare, dopo un violento scontro con una compagna di classe. Sembra che ci fosse di mezzo proprio questo ragazzo, pare che circolassero in chat foto intime della ragazzina. Nulla è ancora certo, anche perché i familiari non hanno creduto all’ipotesi del suicidio e gli inquirenti hanno disposto l’autopsia. Qn richiama il reato di revenge porn, e Repubblica riporta i commenti di alcuni compagni: «Questa è una città ipocrita e maschilista. E comunque sono tanti i video di ragazze che girano nelle classi». Bello l’attacco del pezzo di Giusi Fasano del Corriere che racconta una ragazzina piena di sogni e di qualità, studiosa e intelligente oltre che bella. E anche per questo la famiglia non vuole credere al suicidio.
Ma la più piccola protagonista di un fatto di cronaca successo in settimana in una cittadina laziale, è una bambina di 12 anni, che ha preso a forbiciate un compagno di scuola che “aveva fatto la spia” raccontando alla professoressa davanti a tutti che lei aveva copiato il compito. Poi ha chiamato lei stessa il 112. Tutti i giornali, Verità, Messaggero, Giornale hanno raccontato nei dettagli questa vicenda, la Stampa si è spinta a definire il gesto come “un agguato premeditato e gestito come in una faida criminale”. Andando un po’ più a fondo nella storia, si scopre poi che la ragazzina, che aveva un atteggiamento chiuso e riservato, era probabilmente vittima di bullismo, e veniva isolata dagli altri.
Naturalmente tutti i giornali hanno chiesto commenti agli opinionisti (uomini). Il ministro Valditara, ha dichiarato per l’ennesima volta che i colpevoli sono i social e tiktok che influenzano negativamente i ragazzini. Secondo lui vanno vietati fino a 16 anni. E dello stesso parere Paolo Crepet, che dalle pagine del Corriere ha messo in guardia dell’adultizzare i bambini e i ragazzini, concedendo serate in giro con alcool e droghe, giochi elettronici e social incontrollabili. I quarantenni genitori di questi giovanissimi che credono che mettere limiti sia sbagliato «sono i peggiori della storia». Meno drastici Massimo Recalcati su La Stampa e Matteo Lancini , psicoterapeuta a capo dell’associazione Minotauro di Milano. Lancini evidenzia due posizioni di fronte a questa violenza e all’autolesionismo sempre più agiti da ragazze e ragazzi giovanissimi. Da un lato chi dice che i nostri figli hanno avuto troppo, e che la cura è rimettere al centro l’autorità adulta, voti in condotta e niente smartphone. Dall’altro c’è chi sostiene che queste nuove generazioni non sono state ascoltate da genitori incapaci di reggere l’espressione delle emozioni e di accettare le difficoltà dei loro figli, che poi possono esplodere appunto in atti di violenza. Che fare quindi? Lancini non dà risposte. ma cerca «disperatamente adulti autentici, autorevoli e responsabili». Che a quanto pare non si trovano.
E a proposito di vietare gli smartphone Il Sole 24ore ci informa che una legge in proposito sarà presentata a fine novembre in Australia e dovrebbe entrare in vigore a un anno dall’approvazione. L’Australia vieta i social ai minori di 16 anni, la legge entrerà in vigore dopo 12 mesi dall’ approvazione. Su questa decisione ragiona Mattia Feltri nella sua rubrica Buongiorno su La Stampa. Sostiene che i danni che gli smartphone farebbero secondo gli esperti ai giovanissimi, ai suoi tempi erano attribuiti ai telefilm in tv, e decenni prima ai libri che alimentavano fantasie pericolose. Qual è l’alternativa?
Ma al di là degli smartphone un elemento chiave in molti di questi casi è quello del bullismo. Bullismo che è alla base di un’altra vicenda che ha per protagonista una quindicenne. Qui , come racconta Qn, la ragazzina di origini marocchine dopo aver deciso d’accordo con la famiglia di togliersi il velo è stata offesa, bullizzata e persino picchiata da tre coetanee sue connazionali. Ma ha avuto il coraggio di sporgere denuncia, sottolineando come i fatti le abbiano procurato uno stato di ansia tale da ricorrere allo psicologo.
Brutta faccenda il bullismo. E lo testimonia Camilla Mancini, in un’intervista al Corriere alla quale un trauma alla nascita ha lasciato una paresi al volto. Bullizzata fin da piccola dai compagni di scuola, è stata in grado di affrontare un enorme dolore e la ricerca della propria identità. Oggi a 27 anni ha scritto un libro “Sei una farfalla“ non per pubblicità ma per dare una mano a chi soffre.
Proseguiamo questa lunga pagina con una importante sentenza che riguarda una ragazza, ai tempi diciannovenne, di Palermo e con uno sguardo a un gravissimo fatto avvenuto in Iran di cui è stata vittima un’altra giovane donna.
A Palermo si è chiuso, come riferisce Domani il processo per uno stupro di gruppo avvenuto nel luglio 2023. Condannati gli imputati con pene che vanno dai 4 agli 8 anni. Inferiori alle richieste dell’accusa. La storiaccia è nota,: un gruppo di ragazzi passa una serata in compagnia di due amiche, poi fa ubriacare una delle due, la porta sulla spiaggia e lì abusano tutti a turno di lei . Uno riprende la scena e poi la diffonde sui social. La vittima viene abbandonata senza soccorso e trova il coraggio di denunciare immediatamente. Parte il processo, ma dopo aver subito minacce da parte dei parenti degli accusati, in tribunale i difensori degli accusati hanno rivolto domande alla vittima del tipo: come eri vestita? In che modo ti sei opposta e hai manifestato il tuo dissenso? Hai avuto rapporti sessuali con più persone? Una doppia violenza che fa rimpiangere l’arringa di Tina Lagostena Bassi al processo per stupro del 1978.
Curiosità: Matteo Salvini, che sarà giudicato proprio da questi stessi magistrati per il caso Open Arms si è lamentato: «Pene fra 4 e 7 anni per gli stupratori e io ne rischio 6 per aver difeso il mio Paese».
L’altro caso riguarda una ragazza iraniana, Ahou Daryael che essendo stata rimproverata dalla polizia morale per aver portato il velo in maniera scorretta, si è spogliata per protesta e ha cominciato a camminare seminuda per la strada. Ovviamente è stata arrestata e portata a quanto si sa in un ospedale psichiatrico per essere “curata”.
Su Libero si titola “Femministe mute sull’eroina iraniana” e si sostiene, non si capisce perché, che le femministe antiisraele e progaza tacciono sulle eroine iraniane . Della stessa opinione Feltri 1 (Vittorio) che sul Giornale ribadisce il concetto definendo ipocrita il femminismo occidentale. Sulla Stampa Feltri 2 (Mattia) invece dedica la sua rubrica ad Ahoo, “La pazza”. «Tutto quello che sappiamo delle ragazze iraniane è che per sfidare la polizia devono essere pazze e noi dobbiamo ammirare la loro pazzia».
Chiudiamo come abbiamo aperto con dei dati, ma di tutt’altro genere: Il Fatto, racconta infatti nel pezzo di Virginia Della Sala ““La fabbrica dei cloni“, la fissazione delle giovanissime per la chirurgia plastica: secondo un sondaggio su 9000 persone un under 25 su tre si fa il ritocchino. Un boom tra i minorenni, 700mila nel 2021. La bellezza in stile tik tok rende tutti uguali. Si racconta anche l’odissea di una ragazza di 24 anni che è andata a rifarsi seno e liposuzione in Turchia. Conferma questa tendenza su Repubblica Concita de Gregorio, presentando la pièce teatrale Il sen(n)o tratta da un testo dell’inglese Monica Dolan, portato in scena da Lucia Mascino, regia di Serena Sinigaglia. Grandissimo successo in Inghilterra e anche in Italia. Mascino interpreta la psicoterapeuta che ha in cura e deve scrivere una relazione sulla donna che ha portato sua figlia di 8 anni in Brasile per assecondare il suo desiderio di avere una 4a di reggiseno. «8 anni è una provocazione teatrale, ma 16 o 18 sono abbastanza? il desiderio della bimba non è forse qualcosa che le abbiamo consegnato noi, indicato come fonte di successo, di felicità e reso accessibile?»
Sport, tra invisibilità e shitstorm
Pochi come al solito e non particolarmente brillanti gli articoli che riguardano lo sport femminile. Due in particolare i nomi che si sono ripetuti nelle pagine sportive di tutti i quotidiani e anche su Gazzetta dello Sport, Tuttosport e Corriere dello sport ( così come nelle testate web Skysport, Eurosport ) : quello di Jasmine Paolini e di Sara Errani. Alle due tenniste, impegnate nelle Wta finals da cui sono state infine escluse. Unica altra citazione frequente quella della squadra femminile di Volley Conegliano.
Molto interessante la pagina del Corriere della sera dedicata alla nazionale femminile di calcio Nord Coreana, che trionfa ai Mondiali femminili. E’ la squadra di riferimento del calcio femminile giovanile mondiale e la sua atleta di punta è la diciassettenne Choe Il Sun, definita la “Baby Messi”. L’Iran ha presentato un reclamo perché visivamente le calciatrici coreane dimostrano più dei 20 anni , età limite per le squadre.
Sul Corriere dello sport pessima risposta di Italo Cucci a un lettore a proposito dell’ arbitra Maria Sole Ferrieri Caputi salvata dal Var in occasione di una partita tra Venezia e Inter: «Non se la prenda Maria Sole, pensi piuttosto se è il caso di continuare questa inutile carriera scesa così in basso». Un commento vergognoso e discriminatorio, a fronte dei tanti errori che anche gli arbitri uomini commettono. Altra nota imbarazzante nel corso dell’intervista sulla Stampa a Arianna Fontana, campionessa di short track di 34 anni che si allena per la sua sesta olimpiade e che vive e si allena negli Usa ma gareggerà per l’Italia. E’ la solita domanda sulla maternità: «Perché non ha fatto come la sua collega Lollobrigida che si è fermata per avere un bambino?»
Infine sabato sul Fatto Selvaggia Lucarelli scrive di “Podio e linguaggio: così sono cadute tre star dello sport”. Si parla di tre atlete: la coreana Kim Ye ji, medaglia d’argento nella pistola a Parigi, la breaker australiana Rachel Gunn e la pugile algerina Imane Kheiif. La prima, star sui social durante le Olimpiadi è stata accusata di aver ceduto all’effimero perché è diventata testimonial di X (che nemmeno sapeva bene cosa fosse) ed è finita sulle copertine di Vogue, la seconda che aveva attirato l’attenzione a Parigi per la sua bizzarra esibizione è stata accusata di essere stata raccomandata dal marito ed è diventata bersaglio di shitstorm. La terza è di nuovo finita sui giornali per un presunto scoop di un sito su documenti che proverebbero che lei è un uomo, anche se ritenuti inattendibili da vari fact checker, quindi lei si è rivolta per l’ennesima volta agli avvocati. Conclude Lucarelli: «Le donne, quando arrivano ad occupare posti rilevanti, sono spesso vittime di una ferocia ingiusta e sproporzionata, figlia di una lunga, lunghissima storia da correggere».
Questa rassegna è frutto del lavoro di squadra di Barbara Consarino, Gegia Celotti, Paola Rizzi, Luisella Seveso, Maria Luisa Villa, Laura Fasano, Caterina Caparello.