‘L”Aquila, 18 ott – È stato rinviato al 19 novembre il processo a carico di Francesco Tuccia, l”ex militare accusato di aver violentato una studentessa laziale fuori da una discoteca di Pizzoli, nel febbraio scorso. All”epoca dei fatti Tuccia era militare di stanza all”Aquila, mentre la ragazza frequentava l”Ateneo del capoluogo. Il processo si svolge con rito immediato e la sentenza potrebbe esserci nel giro di quattro-cinque udienze. Questa mattina sono stati ascoltati tre ufficiali dei carabinieri, il colonnello Andrea Ronchey, il capitano Marcello D”Alesio e il tenente Federica De Leonardis, un medico e uno psicologo. Gli altri testimoni, in tutto sono una cinquantina, verranno sentiti nel corso delle prossime udienze.
La prima udienza si è aperta con un sit-in di una trentina di donne fuori dal tribunale dell”Aquila. L”imputato è Francesco Tuccia, ex militare del 33/Esimo reggimento artiglieria terrestre Acqui di stanza all”Aquila, era assente all”udienza. La ragazza, invece, era presente, opportunamente riparata dietro occhiali da sole, e sciarpa, e accompagnata dal suo avvocato difensore, Enrico Gallinaro. All”inizio nella piccola aula del Tribunale provvisorio nel Nucleo industriale di Bazzano (L”Aquila) erano presenti anche i genitori della vittima della violenza, mentre i familiari di Tuccia si trovavano in disparte a pochi metri da dove si sta svolgendo il processo. Il Presidente del collegio giudicante in aula ha subito dichiarato che il processo si sarebbe svolto a porte chiuse ad ha inviato tutte le persone estranee al procedimento penale ad uscire fuori, compresi i genitori della vittima e dell”imputato.
Il Centro Anti Violenza dell”Aquila, dopo la richiesta avanzata al collegio giudicante, e” stato ammesso come parte civile nel processo. Alla notizia ci sono state scene di esultanza fuori dall”aula. Donatella Tellini, presidente e fondatrice del Centro ha spiegato: “E” stata un”operazione curata nei particolari per non dare adito a eccezioni. Questo significa aver testimoniato la nostra vicinanza e sostegno non solo con la presenza fuori dall”aula ma anche politica. Al giudice chiederemo che sia riconosciuta non solo la violenza ma anche il tentato omicidio. La ragazza è stata non solo massacrata, ma anche lasciata li” a morire”. Una esponente di Rete Rosa ha invece sottolineato: “Siamo qui contro il femminicidio che nasce da una cultura sbagliata per troppo tempo. Non rinneghiamo il nostro essere donne la vera parita” e” nella differenza”. Fuori l”ingresso della sede del palazzo di giustizia erano presenti donne con striscioni e cartelloni con su scritto: “La violenza degli uomini sulle donne ci riguarda tutte”, “Per ogni donna stuprata e offesa, siamo tutte parte lesa”, “Libere di scegliere”, “Con o senza divisa guai a chi ci tocca”. “Lo stupratore non e” malato ma figlio sano del patriarcato”.
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