‘Il vento conservatore soffia sull”Asia e tre giorni dopo aver sconvolto il Giappone raggiunge anche Seul. Per la prima volta una donna diventa così presidente della Corea del Sud e abbatte il muro della discriminazione sessuale in uno dei Paesi industrializzati più maschilisti del mondo. Ma Park Geun-hee, che ha vinto le elezioni al fotofinish con il 51,6% dei voti, non riscatta solo secoli di potere in esclusiva agli uomini. Riabilita prima di tutto se stessa e la sua storia, diventando la prima leader eletta di una democrazia con un passato al vertice di una dittatura.
La lunga marcia dunque si e” conclusa: dopo 33 anni Park Geun-hye, la figlia più grande del controverso presidente Park Chung-hee che prese il potere nel 1961 dopo un golpe, farà il suo ritorno alla Blue House, la residenza ufficiale, come prima donna presidente frantumando un tabù in una società a forte impronta confuciana e maschilista. Una vittoria, quella riportata dalla candidata conservatrice del Saenuri Party contro il democratico Moon Jae-in (51,6% a 48%, con lo spoglio pressoché ultimato), fortemente voluta già con il superamento delle resistenze nel proprio schieramento al momento della nomination della scorsa estate grazie al carattere determinato che le è valso il soprannome di Lady di ferro. “E” stata una dura battaglia – ha detto ai suoi sostenitori in festa mentre sventolavano nel gelo di Seul la sciarpa rossa, segno ideale di collegamento tra leader e suo popolo. “Una vittoria – ha aggiunto commossa – riportata dalla speranza della gente per battere la crisi e tornare alla crescita economica. Ho promesso di essere una presidente dei bisogni della gente, che mantiene le sue promesse e che lavora con grande unità”.
Park, 60 anni, ha dovuto indossare poco più che ventenne i panni di first lady a seguito della morte della madre avvenuta nel 1974, vittima di un attentato che avrebbe dovuto colpire il padre, ucciso invece nel 1979. Single e senza figli, non si è mai voluta sposare: in campagna elettorale ha assicurato di puntare, nei cinque anni del mandato, ad “amministrare insieme al popolo” con lo stesso sentimento di una madre verso l”intera nazione e dedicando ””tutta la sua vita al Paese””. A febbraio si insedierà alla Blue House sostituendo il presidente uscente, il conservatore Lee Myung-bak, e avrà già di fronte a sé sfide impegnative: le consuete turbolenze con la Corea del Nord, che ha testato con successo un razzo/satellite e verso cui ha anticipato di ””voler trovare comunque una forma di dialogo””, la ripresa del dialogo col Giappone dopo lo scontro sulla sovranità delle isole Dokdo/Takeshima e un Paese in forte affanno per la crisi economica globale con tassi di crescita annuali scesi al 2%, dal 5,5% medio degli ultimi decenni. L”economia basata sull”export ha subìto un rallentamento sollecitando la richiesta di equità sociale, col riequilibrio degli alti costi dell”educazione e la disoccupazione, fonte della pericolosa impennata del debito delle famiglie.
L”eredità di suo padre, che ha governato col pugno di ferro per quasi un ventennio risollevando la Corea del Sud dalla rovine della guerra del 1950-53 fino al rango di potenza industriale, divide ancora i coreani. Per molti, Park dovrà lavorare per sanare le vecchie ferite e avviare una complessa riconciliazione malgrado le accuse contro un ””dittatore che ha calpestato i diritti umani e soffocato il dissenso””. Favorevole agli accordi di libero scambio, la presidente ha affermato di ””voler contrastare”” i chaebol, lo strapotere di condizionamento dei grandi gruppi sullo Stato: Samsung, ad esempio, ha un fatturato pari al 20% circa del Pil sudcoreano. Troppo per non creare condizionamenti e commistioni.
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