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“Non è importante se gli scrittori che si leggono sono uomini o donne, e quanti uomini e quante donne, molto importante è invece che lo spettro delle lettura scolastiche comprenda una pluralità di voci, maschili e femminili. La tendenza di oggi è ridurre e semplificare gli insegnamenti. Meno si legge e meno si impara, e più è facile diventare sudditi e gregari. Più si legge e si conosce, e più è facile inoltrarsi a diventare cittadini, persone autonome e ragionatrici, consapevoli della complessità e capaci di farvi fronte.
Rinunciare a leggere le scrittrici dei secoli passati equivale a una mutilazione: le penne di donne raccontano una parte della storia, a completamento di quella raccontata dagli uomini, e raccontano un”epopea di oppressione e di sacrifici ma anche la ricchezza di intelligenza che ha costruito il nostro presente. Grandi scrittrici politiche, come Cristina di Belgiojoso, restano non pubblicate, mentre sono celebrate piuttosto le madri sacrificali come Anita Garibaldi che non ha scritto nulla. La Ginzburg di “Lessico famigliare” non è inclusa nell”elenco del ministero, eppure il libro fin dal suo primo apparire ha regalato ai giovani il quadro di una famiglia non oleografica, ma vera, ironica e anticonformista, formidabile incentivo a riflettere su di sé e sugli altri”.
Così Marta Boneschi, parlando alcuni giorni fa alla ex Casa della Pace di via Dini, a Milano, amaramente commentava la pervicace assenza delle scrittrici dalle proposte di lettura delle scuole.
Passano gli anni, passano anche i decenni, si va da un secolo all”altro e nelle classi si succedono libri di testo con nuovi autori, ma restano immutati i programmi. Così eterni stereotipi mutilano nei giovani l”opportunità, anzi il diritto, di vedere il mondo per intero, quando lo guardano attraverso le pagine della letteratura e della poesia, di vederlo cioè con tutt”e due gli occhi: occhi di uomini e occhi di donne.
“E se Dante fosse un nome di donna?”, si interrogava difatti il dibattito organizzato dal Centro Puecher e da Donneinquota, chiamando Marta Boneschi e Valeria Palumbo, entrambe giornaliste e storiche, a discutere partendo dai drammatici dati del programma di letteratura italiana che i candidati insegnanti dovranno portare al prossimo concorso – secondo quanto deciso il 25 settembre dal Ministero -: 35 scrittori, di cui solo una donna (Elsa Morante). Dimenticate completamente Natalia Ginzburg, Anna Maria Ortese, Sibilla Aleramo, Grazia Deledda nonostante il premio Nobel, Matilde Serao e tante tante tante altre. Valeria Palumbo ha letto alcune loro pagine bellissime, ha raccontato storie avvincenti e drammatiche di ingegno ed esclusione. E sulle tracce di Marta Boneschi e Valeria Palumbo è andata anche Paola Bocci, presidente della Commissione cultura al Comune di Milano. Per dire che vogliamo che “le nostre figlie e i nostri figli le possano conoscere e che i loro insegnanti siano in grado di fargliele apprezzare”.
Le parole sono semi depositati dentro di noi. E fioriscono assieme a noi. Povero quel giardino solo di gigli e tulipani, senza le rose o le primule.
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