Non solo sorseggiarlo ma anche sceglierlo e perfino produrlo, alle donne piace e lo fanno con passione, intuito, competenza e dedizione: il vino oggi è un vero e proprio prodotto culturale tra i più vitali del Made in Italy, in cui la presenza femminile è sempre più forte. Sul fronte dei consumi innanzitutto, visto che è donna il 46,7% dei consumatori di vino e in ambito enologico, dove le produttrici oggi rappresentano oltre il 30% delle cantine italiane, e tra queste 69 imprese su 100 vantano la produzione di vini Doc-Docg. Anche le sommelières hanno superato il 40% e il calice pieno diventa strumento di emancipazione, se è vero che sempre di più spetta alla donna l’ultima parola sulla scelta del vino al ristorante, così come assaggiarlo e approvarlo prima del servizio.
Dai dati diffusi dall’Associazione Donne del vino, presieduta dalla produttrice toscana Donatella Cinelli Colombini, le donne bevono meno spesso ma forse in modo più attento, anche perché usano il vino come strumento di socializzazione e comunicazione. Le consumatrici italiane sono per metà laureate o diplomate, hanno iniziato a bere vino intorno ai 20 anni, non privilegiano le bottiglie della propria regione e se sono esperte assaggiano volentieri anche i vini esteri. In linea di massima, preferiscono i vini freschi e fragranti, come le bollicine di cui sono grandi consumatrici, e in seconda battuta i rossi corposi. Il “gentil sesso” vorrebbe comprare vino in enoteca e, se è veramente un’esperta lo fa, ma in realtà la spesa avviene ancora prevalentemente nella Gdo. L’apprezzamento per il vino diventa anche criterio di scelta per il partner: il 61% delle donne che amano bere dice no all’uomo astemio, ritenuto poco attraente. Invece, il maschio che apprezza il vino è visto come ricco di cultura (32%), interessante (26%), divertente (24%). E il 74% delle donne, infatti, apprezza bere con il proprio partner.
Da questi dati e queste consapevolezze parte il saggio della Gi.U.Li.A Eva Panitteri, direttrice di Power&Gender e Maurizio Saggion che da anni si occupa di comunicazione, formazione e consulenza nel settore enoalimentare, “GenerAzioni in campo. Radici e percorsi del Vino al Femminile”, per narrare l’ avventura che riscopre il valore di donne antiche, va alla scoperta delle nuove produttrici, guarda con interesse e curiosità alla generazione che sta crescendo, ognuna con in testa la voglia di sperimentare, rigenerare e innovare, a volte anche a costo di “cambiar pelle”.
Attraverso quattordici interviste, Panitteri e Saggion ci conducono con loro nelle fattorie e negli uffici di donne coraggiose e lungimiranti, qualcuna con un passato di rilevanti ruoli sociali, altre cresciute nella vigna, che regalano un intenso affresco di un mondo oggettivamente poco narrato, quello delle donne del vino. Perché esiste un piccolo e prezioso mondo dimenticato, quello delle vecchie cantine umide e polverose dei nostri paesi e le voci di nonni dediti e burberi che hanno reso i nomi di vitigni e uve una parte imprescindibile del loro lessico familiare.
Le donne sono sempre state fondamentali nel settore del vino, ma solo negli ultimi tempi si è potuto restituire loro il riconoscimento valoriale del lavoro svolto. Troppe sono state lasciate indietro dalle cronache e dalla storia: poco considerate e raccontate solo nel ruolo di mogli e di figlie di un qualche notabile, venendo private dei fondamentali contributi apportati alla loro competenza sostanziale. A colmare in parte la lacuna è uscito, proprio nei giorni scanditi da Vinitaly, questo libro che nel sottotitolo recita “Radici e percorsi di Vino al Femminile”, mettendo il luce il contenuto del volume, e vanta, oltre all’indice dei nomi e bibliografico, una sitografia preziosa, con indirizzi di riferimento e un indice delle numerose protagoniste italiane e internazionali del mondo del vino o ad esso vicine per diverse ragioni. Hanno fiuto per gli affari, talento, competenza. In pochi anni sono riuscite a conquistare settori di mercato in tutto il mondo. Producono etichette di qualità, selezionate, curate nei minimi particolari. Sono, in definitiva, un’eccellenza del made in Italy declinata al femminile e vengono spesso sottovalutate: «Il vino non è e non è mai stato appannaggio esclusivo della parte maschile del mondo. Tuttavia del ruolo di secondarietà attribuito alle donne, frutto di un’abile costruzione culturale e non di un dato scientifico – sottolinea Eva Panitteri – il mondo del lavoro non si è ancora del tutto saputo affrancare. Il comparto del vino non fa eccezione, per questo per compensare sono stati chiamati in soccorso, dal presente e dalla storia esempi di donne che in questo settore hanno invece saputo lavorare, innovare, eccellere e conquistare».
Le “signore del vino” hanno un nome e cognome, donne che, partendo da aziende di famiglia, provenendo da ambiti differenti o iniziando da zero, si sono incamminate sulla via di Bacco e hanno costruito il loro piccolo impero nel panorama dell’enologia italiana. Ed ecco sfilare le protagoniste, da Albiera Antinori, presidente del Consorzio dei Vini Doc Bolgheri e Doc Bolgheri Sassicaia a Chiara Lungarotti, vicepresidente Unione italiana vini (Uiv) e Valeria Fasoli, agronoma e presidente Donne della Vite. Quindi Barbara Banke produttrice Usa; Carol Meredith, docente americana genetista botanica e viticultrice; Antonia Adelaide Ferreira, produttrice Portoghese; Barbe Nicol Clicquot–Ponsardin, Louise Pommery, nomi importanti del mondo del vino. Poi le fuoriclasse: Ave Ninchi, attrice; Gaia De Laurentiis, regista; Alessandra Mancuso, giornalista Rai e animatrice della rete GiULiA Giornaliste; Linda Laura Sabbadini, direttrice Istat. Ma anche le storiche titolate come Maria Asburgo Lorena, duchessa di Parma, e Maria Teresa d’Austria, imperatrice e le celebri, tra cui ricordiamo la scrittrice Dacia Maraini e la filosofa Simone de Beauvoir. Una schiera di donne appassionate e propositive che con il vino hanno avuto tanto a che fare e che oggi ne hanno ancora di più. E l’eccellenza, quella che si misura a calici e non a grandi distribuzioni, quella che tutto trasforma. E, mentre in Parlamento si discute ancora di quote rosa, nei consorzi Dop e Igp per le donne ci sono ottime ragioni per brindare.