Trump non aveva ancora preso in mano il vocabolario dei diritti e del lessico fair della convivenza civile per farne carta straccia a colpi di executive orders, quando in autunno è uscito il libro di Silvia Brena, Parole in Tempesta con un titolo che sembra fotografare in presa diretta il grande caos nel quale stiamo precipitando. Un libro coraggioso che prova a ritrovare una direzione in un mondo sopraffatto dalla sovrabbondanza di parole e di discorsi, di verità alternative e fake news, di odio e mistificazioni. In un lungo viaggio attraverso dieci parole chiave Brena mette insieme molte delle sue competenze: giornalista, docente di comunicazione alla Cattolica, fondatrice di Vox diritti, a cui si deve la mappa dell’Intolleranza che monitora l’hate speech, socia di GiULiA. Ma in questo libro anche figlia, madre, moglie, amica, coinquilina della cana Kyra. Perché, come si diceva una volta, il personale è politico e quando si parla di Abuso o di Morte, di Identità o di Cura, di Memoria o di Paura, l’autrice alterna con destrezza citazioni e conversazioni con intellettuali, scienziati, attivisti, operatori sociali dei più diversi campi e delle più disparate provenienze, al vissuto, all’esperienza in soggettiva, anche dolorosa, senza infingimenti. Non pura scelta stilistica ma autentica pratica femminista.
E così fin dalla prima parola “Abuso”, la memoria del corpo abusato ripercorre l’esperienza personale per arrivare anche a parlare dell’”abuso dell’abuso”, come gli eccessi del #MeToo, fino a proporre la ridefinizione del lemma, alla luce di nuove sensibilità e in un orizzonte più ampio:
«Stortare e stressare le parole per aderire alla nuova politically correcteness è un abuso? Può essere un eccesso, certamente. Ma il tentativo di farla finita con la cosiddetta “lingua maschia”, una lingua modellata e modulata secondo schemi patriarcali, ha a che fare con il bisogno di non restare più invisibili. Vale per le donne, per le comunità LGBTQ+, per le persone con disabilità, per i migranti. Perché, lo sappiamo, sovvertire la lingua è sovvertire il potere. Un altro passo verso la neo- definizione di abuso, allora. È abuso il tentativo di rendere invisibili persone e categorie di persone».
Memento cruciale nel momento in cui siamo entrati nell’era della politically incorrectness dilagante, in piena restaurazione.
Dieci parole chiave, dicevamo: Abuso, Bellezza, Cura, Identità, Memoria, Morte, Natura, Paura/ Dolore, Verità. Ogni capitolo, ogni lemma si dirama in altre parole “ponte”, ridefinizioni guidate da chi quelle parole, quei temi ha approfondito: dagli psicanalisti Luigi Zoia e Vittorio Lingiardi a Betti Guetta dell’osservatorio antisemitismo del Cdec, da Maria Franco, insegnante nel carcere minorile di Nisida, alla giurista esperta di diritti degli animali Monica Gazzola, dal partigiano Ezio Vallerio all’architetto Stefano Boeri, dal dermatologo Antonino Di Pietro allo storico Francesco Filippi, per citarne solo alcuni a mo’ di esempio, in un continuo e vertiginoso scarto di competenze, prospettive, visioni.
L’attenzione sul presente e soprattutto sul futuro emerge nei capitoli Identità e Verità con le sfide e i rischi connessi all’Intelligenza Artificiale. La cronaca di questi giorni ci racconta delle truffe create con le nuove tecnologie che inventano immagini verosimili ma false, o addirittura riproducono la voce di un ministro per truffare dei super ricchi. Ma il pericolo è ben più serio.
«In principio era la parola -dice lo storico israeliano Yuval Harari in una lunga citazione che vale la pena riportare-. La lingua è il sistema operativo della cultura umana… La nuova padronanza del linguaggio della AI significa che ora può hackerare e manipolare il sistema operativo della civiltà. Acquisendo padronanza della lingua, sta impadronendosi della chiave maestra della civiltà. Le aziende farmaceutiche non possono vendere nuove medicine alle persone senza prima sottoporre i loro prodotti a rigorosi controlli di sicurezza. I laboratori biotecnologici non possono rilasciare nuovi virus nella sfera pubblica per impressionare gli azionisti con le loro magie. Allo stesso modo, i sistemi con la potenza di GPT-4 e oltre non dovrebbero essere coinvolti nella vita di miliardi di persone a un ritmo più veloce di quanto non possiamo assorbirli in sicurezza».
In quasi tutti i capitoli, uno dei punti fermi, se così si può dire per paradosso, è rompere gli schemi, uscire dai binari, mettersi nei panni dell’altro, sovvertire, ammorbidire:
«Non resta che abbracciare e benedire la fluidità, non solo di genere. Perché se l’identità, come diceva Calvino, è un fascio di linee divergenti, è su queste linee che forse conviene accendere i nostri riflettori. È ciò che il biologo tedesco Jakob von Uexküll chiamava l’Umwelt: la prospettiva di un’altra specie. “Essere diversi, e non un’umanità con un unico, identico protocollo”, sostiene il leader dell’Amazzonia Ailton Krenak. “Perché finora questo è stato solo un modo per rendere tutto omogeneo e toglierci la gioia di vivere”. L’opposto di stupro è comprensione, dice il poeta afro- americano Jericho Brown. Siamo così abituati al binarismo, che accettare che la vita abbia mille declinazioni diverse, come ha la natura, ci risulta quasi impossibile. “I am large, I contain multitudes”. Contengo moltitudini, scriveva Walt Whitman».
Sul tema della fluidità si sofferma nel dialogo che conclude Parole in tempesta anche Stefano Boeri, invitandoci a ragionare non più in termini di reti o network, che presuppongono punti e indentità fisse, ma di flussi e trame di flussi: «Nel flusso, le identità sono sempre in movimento. Come sostiene il filosofo Paul B. Preciado». «L’identità è un percorso, è un movimento costante. Non è stabile. Del resto, in natura nulla è stabile. A cominciare dalle particelle subatomiche». Anche la trama del libro di Brena è una sorta di flusso ininterrotto di suggestioni e di stimoli intellettuali, civili, politici, emozionali, intessuta in uno stile brillante. Una corrente dalla quale lasciarsi trasportare per allargare lo sguardo e orientarsi nel marasma aggrappandosi alle parole Cura e Bellezza.
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Parole in tempesta, di Silvia Brena, Il Saggiatore, pp. 352, euro 24.