C’è un aspetto del movimento Snoq che risulta problematico: provoca perplessità e incomprensioni in parti dell’opinione pubblica femminile e suscita resistenze anche al suo interno. Eppure costituisce un suo tratto distintivo che ne ha segnato l’origine e ne ha caratterizzato le azioni più significative. Mi riferisco al suo cosiddetto “trasversalismo”, termine usato per definire la vocazione di Snoq a rivolgersi e ad accogliere tutte le donne, al di là delle storiche appartenenze a movimenti(femministi e femminili) e partiti e delle scelte culturali e religiose. La parola trasversale viene usata abitualmente nel lessico politico per indicare atti, iniziative politiche o legislative che tagliano appunto trasversalmente gli schieramenti politici e sono in genere frutto di convergenze occasionali che non modificano la fisionomia di questi ultimi. Mentre la natura del “trasversalismo” di Snoq ha un senso e una portata molto diversa che un termine quanto mai improprio tende a travisare o occultare, riducendola al piccolo cabotaggio della tattica politica.
Vorrei provare a spiegare come io ho inteso questa vocazione di Snoq a rivolgersi a tutte le donne e quali ne sono, a mio avviso, le implicazioni.
Si tratta in prima battuta della volontà di superare i confini dati della politica delle donne in Italia, confini che si sono venuti formando nel corso di molti decenni. Decenni nei quali prima i movimenti di emancipazione, poi di liberazione e della libertà hanno progressivamente eroso, come del resto è accaduto in tutto il mondo industrializzato, le basi materiali e simboliche del patriarcato.
Il femminismo ha lavorato in profondità dando corpo e voce alla soggettività delle donne, cosa che ha fatto crollare su se stesso l’ordine patriarcale che sul loro silenzio e sulla loro assenza si fondava. In Italia, per ragioni storiche che non è il caso qui di evocare, questo processo coincidente con la scomparsa della società tradizionale ha trovato ascolto e sostegno quasi esclusivamente nelle forze della sinistra.
Ma anche per le donne vale il principio storico che il tramonto di un ordine non comporta la nascita di un altro diverso:“il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere” e in questo intermezzo tutto può accadere, spesso anche forme morbose di reazione e di stravolgimento del senso e dei fini della libertà affermata.
E l’Italia, la storia italiana degli ultimi vent’anni, ne è un esempio eclatante.
La ricerca di una esistenza libera ha rischiato di convertirsi in un individualismo chiuso allo scambio e alla costruzione di forme collettive di espressione di sé. Il risultato, certo non voluto, è stato una marcata ed anomala, nel panorama europeo, marginalità sulla scena pubblica e nella vita politica.
L’archiviazione dell’etica tradizionale,rigorista e punitiva della sessualità femminile, è servita spesso da alibi per fare delle donne l’oggetto, la principale merce della società dello spettacolo. Il comando della Legge del padre “sacrifica il piacere”, con la crisi del patriarcato, si è tramutato nell’ingiunzione “godi!” e questo mutamento ha trovato grottesca espressione negli scandali a base di sesso-denaro-potere che hanno di recente travagliato la vita delle nostre istituzioni .
La autodeterminazione nella vita procreativa conquistata a prezzo di tanta sofferenza , la libertà di scegliere se essere o no madri, separando finalmente l’essere donna da una destinazione biologica, rischia di non essere più tale. Sempre più diffusa è la difficoltà, se non l’impossibilità di diventare madri,per gli ostacoli materiali di ogni tipo che una società inospitale frappone.
La differenza sessuata -che costituisce la più straordinaria, rivoluzionaria visione del mondo prodotta dal pensiero di donne: i sessi sono due eguali e differenti ed entrambi formano simbolicamente e materialmente la realtà- vede smussata la sua forza concettuale e reale e tende a svanire o nel transgender o nella prometeica e mimetica idea dell’unicità, ovvero che le donne possono fare a meno degli uomini.
L’idea originaria del femminismo che il punto di vista delle donne riformula e riordina tutti gli altri punti di vista, politici e sociali, si è di fatto, sulla base di dati storicamente cogenti, ristretta alla identificazione della politica delle donne con lo schieramento di sinistra.
E’ rispetto a questa costellazione, frutto per altro degli stessi successi del femminismo,che va valutato il senso del trasversalismo di Snoq. Con esso si intende prendere atto che una fase straordinaria della nostra storia si è conclusa, che ci troviamo a fare i conti con altre sfide che sorgono dalla scomparsa del tradizionalismo patriarcale e dalle inedite e multiple resistenze ad adeguare il mondo alla libertà femminile e che quindi i noti e abituali confini della politica delle donne vanno superati.
L’appello del 13 febbraio del 2011 aveva sullo sfondo questa inquietante costellazione e la connessa esigenza di cambiare i “paradigmi”.
Alcune hanno ritenuto che quanto era accaduto nella giornata del 13 fosse qualcosa di unico, dovuto sia al concorso di circostanze politiche irripetibili sia alla “genericità” delle parole d’ordine , a cominciare dal richiamo alla dignità femminile, parola che all’orecchio di molte evocava il polveroso decoro borghese. Mentre proprio l’uso di questo termine, così come il richiamo all’amicizia degli uomini, segnalavano la necessità di cambiare i “paradigmi”. Dire dignità voleva significare che l’avvento della libertà femminile apre una epocale questione di carattere antropologico che investe la natura della libertà coinvolgendo tutti, uomini e donne e non può più essere affrontata rincorrendo il radicalismo dei diritti.
E in nome della dignità delle donne e dell’Italia nelle piazze di tutto il paese mondi e sensibilità che per decenni si erano guardati con distacco se non con ostilità si sono incontrati: un popolo guidato da donne, si è detto. E su quell’incontro il movimento ha cercato di costruirsi e di agire, di concepire se stesso e la sua azione politica: il “trasversalismo” di Snoq indica la volontà di radicare le donne nel cuore della nazione per farne davvero una potenza di governo. Per governare in autonomia e non per graziosa concessione altrui, un movimento di donne deve avere la capacità di leggere l’insieme della vita della nazione e farsene interprete.
E’ un compito arduo, Snoq ci ha provato in questo anno e poco più di vita, nelle sue iniziative pubbliche più significative. Con la manifestazione dell’11 dicembre scorso,che ha inteso porre al nuovo governo e all’insieme delle forze politiche i temi più urgenti per cominciare a fare dell’Italia un paese per donne, con l’appello Mai più complici che, forte di una matura visione del nesso corpo femminile-rappresentazione, chiama gli uomini a confrontarsi con i femminicidi e la violenza contro le donne, con le posizioni assunte sulla vicenda delle nomine del consiglio di amministrazione della Rai e il futuro del servizio pubblico radiotelevisivo. Ma non senza incontrare difficoltà e resistenze, appunto. Probabilmente c’è bisogno di ancora più chiarezza e di più coraggio.