Esaltare e dare ampia visibilità sui media alle eccellenze e alla leadership femminile, all’expertise delle donne nei vari campi del sapere, minimizzando la piaga della violenza di genere: è il paradosso cubano che capovolge il paradigma a cui siamo abituate quando analizziamo la narrazione mediatica sulle donne nei nostri mezzi di informazione. Se secondo i dati del Global Media Monitoring Project in Italia e in Europa giornali, tivù, radio, mezzi digitali parlano di donne soprattutto in quanto vittime di violenza, svalutandone invece il ruolo positivo nella società, a Cuba succede il contrario: di femminicidio e violenza di genere si parla poco, relegando la questione alla cronaca e solo recentemente sta guadagnando spazio anche come dibattito pubblico. E’ quanto emerso durante un confronto tra GiULiA giornaliste e una delegazione di esperte e giornaliste cubane nel corso di una missione in Italia a sostegno del progetto No Más: prevenzione e risposta alla violenza contro le donne a Cuba, realizzato da organizzazioni della società civile cubana insieme a COSPE e cofinanziato dall’Unione Europea, per favorire lo scambio di esperienze su contrasto alla violenza di genere, tutela dei diritti e ruolo dei media.
La delegazione era composta da rappresentanti istituzionali, accademiche, professioniste del settore sanitario, del mondo della comunicazione e dell’attivismo femminista: esponenti del Ministero della Salute Pubblica cubano, della Federazione delle Donne Cubane (FMC), dell’Università dell’Avana e dell’Università di Guantánamo, del Centro Martin Luther King e di COSPE Cuba. In particolare, ne hanno fatto parte responsabili delle politiche pubbliche sulla salute mentale e la violenza di genere, coordinatrici nazionali di servizi di assistenza alle vittime, studiose e ricercatrici sui temi sociologici e di genere, nonché giornaliste e professioniste impegnate nella riflessione critica sulla comunicazione e sulla rappresentazione non stereotipata delle donne. La missione ha toccato Pisa, Firenze, Grosseto e Roma.
L’incontro con GiULiA si è svolto nella tappa romana, con l’obiettivo di condividere buone pratiche e analisi del ruolo dell’informazione nel contrasto all’hate speech misogino e nella costruzione di narrazioni responsabili e non stereotipate. Erano presenti Anna Meli, presidente del Cospe, Fabio Laurenzi, responsabile COSPE a Cuba, Luciana Borsatti, giornalista esperta di esteri, Yohana Aymara Lezcano Lavandera, educatrice popolare e giornalista del Centro Martin Luther King, parte del gruppo di coordinamento del progetto No Màs, Yohanka Valdés Jimenéz, COSPE Cuba, coordinatrice del progetto No Màs e Paola Rizzi, vicepresidente di GiULiA.
Il dato di partenza emerso durante il confronto è che fino a cinque anni fa a Cuba non si parlava di femminicidio nei media, una parola quasi assente dal dibattito pubblico, dove si preferiva parlare genericamente di omicidi di donne senza riferimenti al tema della violenza sistemica e patriarcale. Solo recentemente il termine e quindi il riconoscimento del fenomeno viene utilizzato, non in sede penale ma nelle statistiche ufficiali. La raccolta dati non è semplice, si parla di 76 donne uccise dai loro partner, ex partner o da altre persone (note nei procedimenti giudiziari) nell’anno 2024, pari a un tasso di 1,79 ogni 100.000 donne secondo l’Osservatorio di Cuba sull’Uguaglianza di Genere.
«No Mas tra le altre azioni vuole visibilizzare il problema della violenza di genere nei mezzi di comunicazione, in modo che venga riconosciuto come problema politico» hanno spiegato le rappresentanti cubane. Tra le attività della rete No Mas, incentrate soprattutto sulla prevenzione e sulla realizzazione di una rete integrata di servizi per supportare le donne in diverse regioni del Paese, una parte importante è infatti dedicata alla formazione dei giornalisti, per disseminare una informazione non stereotipata e in grado di superare gli squilibri di genere. Notevole che le principali università cubane in cui si formano i giornalisti e le giornaliste prevedano specifici studi di genere, così come nella Facoltà di Comunicazione dell’Università dell’Avana è attivo un protocollo interno contro la violenza, gli abusi e le molestie sessuali. Attraverso l’alleanza di diverse organizzazioni di giornalismo e grazie al progetto a breve verrà creato un centro multimediale presso l’Editorial de la Mujer – editore tra l’altro della prima radio femminista – Radio Violeta – attivo anche nella formazione sui temi di genere e di prevenzione della violenza, anche attraverso corsi ad hoc.
Connessi a queste iniziative ci sono anche progetti di monitoraggio dei giornali locali in quattro province, e da questo punto di vista le colleghe cubane hanno trovato utile l’esperienza della rassegna stampa Sui generis di GiULiA. Al momento il loro osservatorio analizza un campione rappresentativo di tutti i mezzi di informazione, comprese tivù e radio, per un periodo di 16 giorni all’anno, coincidenti con i 16 giorni contro la violenza di genere che si svolgono a livello globale ogni anno dal 25 novembre al 10 dicembre. Un altro filone è quello della formazione delle “comunicatrici popolari” nelle comunità, una sorta di citizen journalism che valorizzi le fonti sul territorio attraverso le radio locali e bollettini.
